Anoressia

L’anoressia nervosa è un disturbo del comportamento alimentare che induce chi ne soffre a privarsi volontariamente del cibo o ad assumerne quantità estremamente limitate e non compatibili con le richieste dell’organismo, con conseguente mantenimento di un peso corporeo inferiore ai valori ritenuti “normali” per una persona di una data età ed altezza.

Chi soffre di anoressia, ancorché già magro o sottopeso, è costantemente preoccupato per il proprio peso, ritenuto sempre e comunque eccessivo o appena accettabile, e non riesce a tollerare di ingrassare neppure di pochi chili, anche a fronte di evidenti rischi per la salute derivanti dalla nutrizione.
Se non diagnosticata e curata per tempo, la malattia può portare a stati di compromissione metabolica estremi e pericolosi per la sopravvivenza, che devono essere gestiti in ambiente ospedaliero, anche attraverso alimentazione forzata.

L’anoressia è una malattia cronica: la sua gravità può variare molto da persona a persona e nel corso della vita della stessa persona, andando da stati/periodi molto severi e di grande sofferenza a forme/fasi lievi, di relativo benessere. Anche dopo aver superato la fase più critica, chi soffre di anoressia resta, comunque, a rischio di ricadute durante tutta la vita, soprattutto in periodi di maggiore stress psicologico.

Cause

L’anoressia nervosa è una malattia complessa di origine multifattoriale, ossia determinata dalla combinazione sfavorevole di una predisposizione genetica più o meno marcata (ma gli specifici geni potenzialmente coinvolti restano da determinare), un profilo psicologico caratterizzato da tendenza al perfezionismo, al controllo e all’autodisciplina e da bassa autostima, nonché da diversi fattori esterni, primo tra tutti l’ambiente familiare e sociale.

Le sollecitazioni dei media e la continua proposta di modelli corporei irrealistici, associati all’idea di benessere e successo personale e professionale, possono promuovere la slatentizzazione del disturbo in una persona già predisposta a svilupparlo (anche in quanto fonte di stress sociale), ma non sono la causa dell’anoressia, né di altri disturbi alimentari.

A rischiare maggiormente di sviluppare anoressia nervosa sono le donne, soprattutto durante l’adolescenza, ma il disturbo può esordire già nell’infanzia o dopo i 40 anni e, nell’ultimo decennio, tende a interessare sempre più spesso anche gli uomini.

Sintomi

I primi segni e sintomi che devono indurre a sospettare la presenza di anoressia comprendono: lo sviluppo di una preoccupazione francamente eccessiva per il peso corporeo (soprattutto in persone già magre) e la conseguente estrema limitazione dell’assunzione di cibo per cercare di dimagrire (soprattutto se accompagnata dalla tendenza a negare di essere “a dieta”).

La preoccupazione e l’ansia riguardo al peso e all’alimentazione aumentano progressivamente con l’evoluzione del disturbo, nonostante siano già stati persi diversi chili e il peso sia già scarso. Il rifiuto di ascoltare le raccomandazioni e i consigli di genitori e amici riguardo alla necessità di nutrirsi in modo adeguato e la negazione del disturbo sono due aspetti tipici della fase iniziale della malattia.

L’anoressia porta a restrizioni alimentari estreme, ma non comporta la perdita dell’appetito: ciò rende ossessiva l’idea del cibo, che occupa gran parte dei pensieri dei pazienti, e li porta a “sfogarsi” con abbuffate cicliche, seguite dall’eliminazione del cibo ingerito attraverso il vomito autoindotto e/o delle calorie assunte attraverso l’uso di farmaci lassativi e diuretici o un’attività fisica molto intensa (analogamente a quanto avviene in chi soffre di bulimia).

Sul piano fisico e metabolico, alterazioni caratteristiche conseguenti all’anoressia comprendono: la scomparsa delle mestruazioni, l’aumento della peluria corporea, la riduzione del desiderio sessuale, l’intolleranza al freddo, la comparsa di edemi alle gambe, l’abbassamento della pressione arteriosa, la diminuzione dell’attività della tiroide (con conseguente rallentamento metabolico) e l’insorgenza di squilibri idroelettrolitici (in particolare, disidratazione e diminuzione dei livelli di potassio e cloro), che possono determinare irregolarità del ritmo cardiaco potenzialmente letali.

Diagnosi

La diagnosi di anoressia è essenzialmente clinica e basata sul riscontro dei comportamenti, dei pensieri e delle credenze caratteristiche nei confronti del cibo e dell’aspetto corporeo, inizialmente, da parte del medico di famiglia e, quindi, di uno specialista di disturbi alimentari.  

Tra gli stili di vita

Il trattamento dell’anoressia prevede generalmente due fasi: la prima comprende interventi medici finalizzati a ripristinare un peso corporeo accettabile e compatibile con una produttiva interazione psicologica e relazionale nella fase successiva; la seconda prevede un supporto psicologico, principalmente di tipo cognitivo-comportamentale, ed è finalizzata a rendere il paziente consapevole della malattia, ad aiutarlo a comprenderla ed elaborarla e a individuare un nuovo modo di rapportarsi con il cibo nella vita quotidiana.

Nei casi moderati-severi, il trattamento dell’anoressia richiede un periodo di ricovero ospedaliero di durata variabile e, a volte, l’allontanamento dalla famiglia e dai ritmi abituali, spesso fonte di tensioni e ritualità che ostacolano il recupero.
Il pieno recupero richiede almeno alcuni mesi (spesso, anni), con tempistiche variabili in funzione delle condizioni fisiche e psicologiche iniziali.
In alternativa al ricovero o come approccio intermedio, può essere proposto un trattamento in Day hospital, con consumo dei pasti e permanenza in ospedale per le attività terapeutiche soltanto durante il giorno.

Nei casi a esordio precoce (ossia, nell’infanzia o all’inizio dell’adolescenza) può essere utile la terapia familiare che, migliorando dialogo e modalità di interazione tra genitori e figli, aiuta a creare un contesto favorevole per sostenere il recupero.

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