Osteoporosi

In base alla definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità (1993), «l’osteoporosi è una condizione patologica caratterizzata da perdita di massa ossea e da deterioramento qualitativo del tessuto osseo, che si traducono in un aumento della sua fragilità e, quindi, del rischio di fratture».

L’osteoporosi è una condizione estremamente diffusa a livello globale, sia tra le donne che tra gli uomini (comunque interessati in misura molto minore rispetto al sesso femminile), soprattutto a partire da 45-50 anni, e principalmente legata alla presenza di deficit di vitamina D e a uno stile di vita inadeguato sul piano dell’alimentazione, dell’attività fisica, del fumo e del consumo alcolico.  

Cause

La stragrande maggioranza dei casi di osteoporosi sia femminile (> 95%) che maschile (circa l’80%) è di tipo primario, ossia non legata alla presenza di altre malattie caratterizzate da ripercussioni negative sul metabolismo osseo.
In entrambi i sessi, all’origine dell’osteoporosi primaria si riconoscono principalmente riduzioni dei livelli ormonali legate all’invecchiamento e, nella donna, alla fine dell’età fertile e all’inizio della menopausa.

Altri fattori che possono contribuire all’insorgenza dell’osteoporosi primaria sono un’insufficiente assunzione alimentare di calcio, fosfato e magnesio, la presenza di bassi livelli plasmatici di vitamina D, l’assunzione per periodi prolungati di terapie farmacologiche che interferiscono con il metabolismo osseo e condizioni di iperparatiroidismo.
Deficit relativi di calcio, fosfato e vitamina D presenti nell’infanzia-adolescenza possono impedire di raggiungere il picco di massa ossea geneticamente determinato al termine dell’accrescimento, aumentando il rischio di sviluppare osteopenia e osteoporosi già a partire dai 40-45 anni.

A livello scheletrico, il principale meccanismo alla base dell’impoverimento osseo consiste nello sbilanciamento tra i processi di demolizione e ricostruzione dell’osso (che si verificano costantemente nelle ossa sane per consentirne la crescita e il rinnovamento), con predominanza del primo sulla seconda. I

n aggiunta, deficit nutrizionali o interferenze di altro tipo possono portare alla formazione di nuovo osso con una microarchitettura non ottimale, quindi più fragile e propenso alle fratture.

All’origine della minoranza di casi di osteoporosi secondaria possono esserci condizioni di malassorbimento intestinale o eccesso di specifici micronutrienti (ipervitaminosi A), insufficienza renale cronica, malattie epatiche, tumori, malattie endocrine (ipertiroidismo, disturbi ovulatori, diabete, iperprolattinemia, ecc.), broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), allettamento prolungato, artrite reumatoide, assunzione per periodi prolungati di terapie farmacologiche che interferiscono con il metabolismo osseo e condizioni di iperparatiroidismo.

Oltre che dai fattori già citati, lo sviluppo di osteoporosi è favorito dalla predisposizione familiare, dal fumo, dal consumo alcolico eccessivo, dalla sedentarietà e dall’insufficiente esposizione solare.  

Sintomi

Soprattutto in una fase iniziale, l’osteoporosi non si associa necessariamente a disturbi o sintomi significativi, al punto che molte persone ne soffrono senza rendersene conto, a meno di effettuare indagini tese a valutare la densità minerale ossea.

Quando si manifestano, i sintomi dell’impoverimento osseo consistono perlopiù in dolore a livello vertebrale e femorale e fragilità ossea, con facilità alle fratture e alle cadute.
Le zone dello scheletro maggiormente interessate da fratture da osteoporosi (https://www.youtube.com/watch?v=jkkak-24LGk – Fonte: Roche Italia) sono le estremità (epifisi) delle ossa lunghe, in particolare quelle del radio (a livello del polso) e del femore, e le vertebre.  

Diagnosi

La diagnosi di osteoporosi si fonda sul riscontro di impoverimento osseo distintivo a livello vertebrale, femorale ed eventualmente del polso attraverso un’indagine radiologica chiamata “assorbimetria a raggi X a doppia energia” (Dual-Energy X-ray Absorptiometry, DEXA).

Dopo il primo riscontro di impoverimento osseo e l’eventuale avvio di una terapia specifica, la valutazione va ripetuta in fase di follow-up, per valutare la progressione della malattia e l’effetto delle strategie terapeutiche proposte.

L’esecuzione di una DEXA è raccomandata a:

  • donne ≥ 65 anni;
  • donne in post-menopausa con fattori di rischio (storia familiare di osteoporosi; basso indice di massa corporea (magrezza);
  • fumo;
  • abuso alcolico;
  • assunzione prolungata di farmaci che favoriscono l’impoverimento osseo, come i cortisonici, ecc.);
  • uomini e donne di ogni età con storia di fratture da fragilità;
  • uomini e donne con evidenza di densità ossea diminuita o di fratture vertebrali da compressione asintomatiche, osservate in occasione di indagini di imaging dirette ad altri scopi;
  • uomini e donne a rischio di osteoporosi secondaria.

In aggiunta, per inquadrare meglio il paziente, cercare di risalire a possibili cause di osteoporosi secondaria (eventualmente modificabili) e ottenere informazioni a supporto della scelta terapeutica ottimale, il medico può prescrivere una serie di analisi di laboratorio (esami del sangue e delle urine).  

Tra gli stili di vita

Lo sviluppo di osteoporosi può e dovrebbe essere innanzitutto prevenuto mantenendo fin dall’infanzia e durante tutta la vita adulta uno stile di vita in grado di favorire il raggiungimento del picco di massa ossea al termine dell’accrescimento e di contrastare l’impoverimento osseo naturalmente associato all’avanzare dell’età, evitando che raggiunga stadi patologici.

Le principali raccomandazioni a riguardo, che restano a maggior ragione valide anche quando l’osso si è già impoverito, consistono nel:

  • seguire un’alimentazione complessivamente sana e nell’assumere ogni giorno adeguate quantità di sali minerali (in particolare, il calcio contenuto nei latticini e nell’acqua);
  • esporsi al sole per circa 10-15 minuti al giorno senza protezioni solari, per permettere la produzione di vitamina D da parte della pelle (evitando le ore più calde della giornata e/o di maggiore irraggiamento UVB) e/o assumere supplementazioni specifiche, se indicate dal medico;
  • praticare regolarmente attività fisica moderata, preferendo attività associate a stimoli gravitazionali (camminata, corsa, ginnastica, sport di squadra, ecc.);
  • evitare il fumo e gli alcolici, poiché entrambi interferiscono negativamente con il metabolismo osseo.

La necessità di un trattamento farmacologico specifico dell’osteoporosi dipende dalla severità dell’impoverimento osseo presente, dal fatto che si siano già verificate fratture da osteoporosi, dall’età d’insorgenza della malattia (e, nella donna, se l’esordio avviene prima o dopo la menopausa) e dal sesso.

Nell’osteoporosi femminile post-menopausale è indicato il trattamento con bisfosfonati, come alendronato, risedronato, ibandronato e zoledronato.

Alendronato e risedronato sono efficaci anche nella terapia dell’osteoporosi maschile.

Tutti i bisfosfonati si sono dimostrati capaci di ridurre il rischio fratturativo e di inibire il riassorbimento osseo senza indurre difetti di mineralizzazione.
La loro assunzione è tuttavia associata a un rischio minimo, ma non trascurabile, di sviluppare osteonecrosi della mandibola, un’alterazione patologica dell’osso, che non guarisce spontaneamente e decisamente ardua da gestire.

Tra i fattori di rischio per questa complicanza vanno segnalati:

  • la durata dell’assunzione di bisfosfonati;
  • le estrazioni dentarie e gli interventi di chirurgia orale;
  • le malattie dentali o periodontali;
  • le protesi malposizionate;
  • il fumo;
  • le terapie concomitanti a base di cortisone, la presenza di neoplasie, la scarsa igiene orale.

In tutti i casi, sarà il medico a valutare il rapporto rischio/beneficio e, quindi, a stabilire l’opportunità o meno di utilizzare bisfosfonati.
Un altro farmaco utile per il trattamento dell’osteoporosi è il ranelato di stronzio, da assumere per bocca una volta al giorno.
Lo stronzio è un elemento ubiquitario in natura che viene assorbito, metabolizzato ed escreto dall’organismo umano in modo analogo al calcio, ma a differenza di quest’ultimo è in grado di stimolare gli osteoblasti (cellule produttrici di nuovo osso) e, contemporaneamente, di inibire gli osteoclasti (cellule che demoliscono l’osso invecchiato).

Nonostante tali azioni siano modeste, la loro simultaneità genera un effetto terapeutico significativo che determina una riduzione del rischio di fratture e l’aumento della densità ossea.

In caso di osteoporosi localizzata a livello vertebrale si può assumere raloxifene, farmaco appartenente alla classe dei “modulatori selettivi dei recettori degli estrogeni” (SERM).
I SERM sono sostanze simili agli estrogeni progettate per attivare selettivamente i recettori per gli estrogeni presenti nel tessuto osseo (e prive di effetti su altri tessuti, come la mammella), ripristinando una stimolazione ottimale del metabolismo osseo, orientandolo maggiormente verso la mineralizzazione anziché verso l’impoverimento.

Un’ulteriore possibilità per contrastare l’osteoporosi è la terapia “anabolica”, cosiddetta perché influenza positivamente i meccanismi di formazione di nuovo osso ed è in grado di ripristinare parte dell’osso perduto.
La terapia anabolica si basa sulla somministrazione di una porzione della molecola di paratormone, importante per la sua azione sull’osso, o dell’ormone intero, attraverso iniezioni sottocutanee quotidiane.
I dati clinici indicano che, oltre a favorire la mineralizzazione ossea, il paratormone è in grado di migliorare le caratteristiche della microarchitettura dell’osso e di aumentare la taglia ossea a livello femorale.
Questo trattamento è indicato soltanto in pazienti con osteoporosi severa e che sono già andati incontro a fratture multiple.

Una classe di composti introdotta più di recente per il trattamento dell’osteoporosi post-menopausale è quella dei ligandi del recettore RANKL, che inibiscono l’azione della proteina RANKL, di norma usata dall’organismo come segnale per la promozione della rimozione ossea.
Il capostipite di questa classe di farmaci è denosumab, un anticorpo monoclonale umanizzato indicato anche per il trattamento del rimaneggiamento con perdita di massa ossea nei pazienti con artrite reumatoide o metastasi ossee.

In casi selezionati, in donne prive di fattori di rischio cardiovascolare e/o di familiarità per eventi cardiovascolari acuti o tumore del seno, contro l’osteoporosi femminile post-menopausale può essere proposta anche la terapia ormonale sostitutiva (HRT) con estrogeni, preferibilmente a basso dosaggio e per brevi periodi.
Questa strategia appare vantaggiosa soprattutto quando sono presenti anche altri sintomi significativi della menopausa.
Il rapporto rischio/beneficio della HRT deve essere attentamente valutato dal medico nel singolo paziente, tenendo conto del quadro clinico generale e dei fattori di rischio individuali e familiari. La terapia ormonale sostitutiva può essere proposta anche contro l’osteoporosi maschile dovuta a ipogonadismo: in questo caso l’ormone somministrato sarà il testosterone.  

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