Cranberry: un aiuto contro l’antibioticoresistenza?

Le resistenze agli antibiotici sono in continua crescita a livello globale e, in Italia, la situazione è tra le più gravi in Europa, con molti batteri temibili ormai inattaccabili da gran parte degli antibiotici disponibili. In base ai dati dell’European Center for Diseases prevention and Control (ECDC), nel nostro Paese si registra 1/3 di tutti i decessi (10.000 morti/anno) correlati all’antibioticoresistenza sul territorio europeo: nell’area UE/EAA, una situazione di gravità analoga riguarda soltanto Grecia, Croazia, Bulgaria e Ungheria.

Oltre a raccomandare di utilizzare di meno e meglio gli antibiotici in commercio per preservarne l’efficacia e a cercare di individuare nuovi farmaci più attivi contro i batteri (lavoro lungo, complesso e raramente coronato da successo), i ricercatori stanno testando la possibilità di potenziare l’azione degli antibiotici in uso o di restaurarne l’attività batteriostatica/battericida combinandoli con altri composti.

Tra le strategie di questo tipo che potrebbero aiutare a superare il problema, ce n’è una basata su una proteina contenuta nelle invitanti bacche rosse del cranberry: pianta nota anche come “mirtillo rosso americano” od “ossicocco americano” e già sfruttata da tempo per la sua azione favorevole contro le infiammazioni delle basse urinarie femminili (in aggiunta all’eventuale terapia specifica indicata dal medico).

In particolare, uno studio pubblicato su Advance Science indica che la proteina pro-antocianidina (c-PAC) contenuta nel cranberry è in grado di interferire con due importanti meccanismi di resistenza sviluppati dai microrganismi patogeni: la permeabilità selettiva di membrana, che permette ai batteri di non assorbire o assorbire in quantità minima l’antibiotico che dovrebbe ucciderli; il “pompaggio” attivo verso l’esterno della cellula batterica delle molecole di antibiotico già assorbite, prima che riescano a fare danni. Riducendo l’efficacia di questi due meccanismi difensivi, c-PAC avrebbe l’effetto di aumentare la risposta agli antibiotici da parte dei microrganismi patogeni.

L’effetto protettivo di c-PAC è stato evidenziato in test in vitro e in vivo su alcuni dei batteri più pericolosi per la salute umana in caso di infezione e più frequentemente resistenti ai farmaci disponibili, come Escherichia coli (responsabile soprattutto di infezioni gastrointestinali severe e potenzialmente letali, specie in bambini, anziani e persone con difese immunitarie ridotte), Pseudomonas aeruginosa (causa di infezioni delle vie aeree, urinarie e oculari difficili da contrastare, otiti severe, endocarditi e setticemie spesso letali) e Proteus mirabilis (all’origine soprattutto di gravi infezioni delle vie urinarie).

Nel caso di E. coli e P. aeruginosa, c-PAC si è dimostrata in grado, oltre che di prevenire lo sviluppo della resistenza alle tetracicline, anche di ridurre la tendenza di questi batteri a formare biofilm sulla superficie degli organi target. La formazione di biofilm, ossia di patine dense e compatte di batteri strettamente adesi alle mucose e interagenti tra loro, è un meccanismo di colonizzazione che i microrganismi utilizzano per aumentare la loro capacità di sopravvivenza, riducendo la possibilità dei farmaci di attaccarli e ucciderli. Ostacolare la formazione dei biofilm, quindi, equivale a rendere i batteri più isolati e fragili.

Se queste evidenze iniziali potranno essere convertite in un farmaco combinato contenente un antibiotico e la proteina del cranberry resta da valutare, ma la strada aperta è sicuramente interessante e autorizza a sperare.

Fonte

Maisuria VB et al. Proanthocyanidin Interferes with Intrinsic Antibiotic Resistance Mechanisms of Gram-Negative Bacteria. Advance Science 2019; doi:10.1002/advs.201802333 (https://onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.1002/advs.201802333)

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