Diuresi forzata durante l’avvelenamento

Una volta che un agente tossico si è distribuito nei tessuti e negli organi del paziente, l’azione nociva continuerà a persistere finchè un antidoto non lo neutralizzerà. Ovviamente l’utilizzo di antidoti è limitato, in quanto non esistono metodi per aumentare artificialmente i processi di inattivazione metabolica. Con la filtrazione, si è affermata l’idea che l’infusione di una maggiore quantità di liquidi nell’organismo dovrebbe portare non solo alla formazione di più pipì, ma anche alla rimozione delle tossine. Tutto ciò è stato reso evidente in seguito alla diuresi forzata di migliaia di persone avvelenate.

Per la maggior parte dei farmaci presi in overdose, solo una piccola parte di essi viene eliminata dal rene in forma invariata. Solitamente la loro azione termina per degradazione metabolica, per cui la diuresi non modificherebbe la durata dei loro effetti.

Da un punto di vista terapeutico la diuresi forzata può aiutare il paziente avvelenato solo quando si tratta di overdose di salicilati, di barbitale e di fenobarbitale, di chinina e di altri farmaci amfetamino-simili.

Inoltre, il pH delle urine può alterare l’efficacia della diuresi nell’escrezione del farmaco.

Fonte: Vademecum di terapia degli avvelenamenti di Roy Goulding

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