Obesità, malattia o scelta?

Nel 2013, l’American Medical Association (AMA) ha dichiarato l’obesità una malattia, che richiede una serie di interventi per promuoverne la prevenzione e il trattamento.

Cinque anni dopo, gli operatori sanitari statunitensi non ne sono ancora del tutto consapevoli: lo rivelano i sorprendenti risultati di un sondaggio condotto per Medscape, il noto portale di medicina.

Alla domanda se l’obesità sia da considerare una malattia, solo il 57% degli intervistati ha risposto affermativamente e più di un terzo degli operatori sanitari non la ritiene uno stato patologico, percentuale che è ancora maggiore tra i medici di base.

Secondo gli esperti, il perdurare di questa convinzione è un ostacolo nell’affrontare definitivamente una situazione che sta raggiungendo proporzioni pandemiche: «E’ ora che riconosciamo l’obesità come una malattia, – afferma l’endocrinologo Akshay Jain finché noi medici professionisti non prendiamo sul serio l’obesità, saremo inefficaci nel trattare le conseguenze biopsicosociali ed economiche che ne derivano. Definire l’obesità come una malattia è il primo passo verso la valutazione obiettiva dei fattori che la determinano e la sua prevenzione e cura». I motivi per cui l’obesità è da ritenere una malattia sono diversi: prima di tutto si associa a una compromissione della funzionalità dell’organismo; in secondo luogo, deriva dalla disfunzione di un complesso sistema di regolazione fisiologica, favorito da molteplici fattori particolarmente presenti nelle società odierne.

Infine, non bisogna dimenticare che l’obesità causa, peggiora o accelera più di 160 condizioni di comorbilità che si presentano come complicanze metaboliche, strutturali, infiammatorie, degenerative, neoplastiche o psicologiche dell’obesità stessa, influenzano significativamente la qualità della vita e anche la sua durata.

Affinché l’equivoco che l’obesità sia semplicemente una scelta possa essere superato, l’Associazione americana di endocrinologi clinici ha proposto di cambiargli il nome e ribattezzarla come “malattia cronica adiposa”, in modo che sia immediato riconoscere questa condizione come una minaccia per la salute reale e non solo come un problema estetico.

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