INFARTO MIOCARDICO

Infarto miocardico

Per infarto miocardico si intende la morte per necrosi di parte del muscolo cardiaco.

Infarto miocardico: notizie generali

È una sindrome acuta, che se non trattata in maniera tempestiva, si associa ad un’alta probabilità di morte. Si tratta di una condizione legata all’arresto improvviso dell’apporto sanguigno ad una parte (più o meno grande a seconda del vaso colpito) del tessuto miocardico, al quale consegue uno squilibrio tra le richieste d’ossigeno da parte della cellula miocardica e l’effettiva perfusione. 

L’infarto del miocardio rappresenta la principale causa di morte nei paesi occidentali ed ogni anno in Italia circa 120 mila persone sono colpite da infarto. Ad oggi però conoscere la malattia ed i fattori di rischio, costituisce la prima arma per potersi difendere.

La maggior parte degli infarti si sviluppa a causa della formazione di un trombo che occlude in maniera più o meno completa parte dei vasi coronarici (le arterie che irrorano il muscolo cardiaco). La causa principale della trombosi è la rottura di una placca aterosclerotica (un’alterazione della parete vascolare caratterizzata dall’accumulo di grassi, cellule infiammatorie e tessuto fibroso). Più raramente può dipendere dalla formazione di un embolo che raggiunge le coronarie, una dissezione vascolare, oppure su coronarie sane per spasmo delle arterie. Anche condizioni di grave anemia, insufficienza respiratoria, abbassamento della pressione ed aritmie possono sfociare in un infarto del miocardio. 

I fattori di rischio dell’infarto del miocardio sono:

  • età
  • familiarità 
  • fumo di sigaretta
  • sedentarietà/scarsa attività fisica
  • consumo rischioso e dannoso di alcol
  • scorretta alimentazione 
  • sovrappeso/obesità 
  • diabete mellito
  • dislipidemie 
  • ipertensione arteriosa

L’infarto del miocardio si manifesta con una sintomatologia acuta abbastanza caratteristica, in cui il sintomo principale è: 

  • il dolore, della durata superiore a 20 minuti, che si manifesta come un senso di oppressione, come una morsa stretta al torace. Può restare localizzato al petto o irradiarsi alle spalle e alle braccia (più comunemente il braccio sinistro), al collo, alla mandibola, ai denti, al dorso. Talvolta può localizzarsi in epigastrio e mimare un mal di stomaco.

Solitamente non è correlato allo sforzo fisico né risulta essere alleviato col riposo.

L’infarto può manifestarsi anche con altri sintomi, non necessariamente correlati al dolore (il quale potrebbe essere assente soprattutto in anziani o diabetici), tra cui: 

  • affanno improvviso
  • sudorazione fredda
  • nausea 
  • vomito
  • svenimento
  • vertigini improvvise
  • stato d’ansia intenso e angoscioso
  • debolezza marcata e improvvisa

La diagnosi di infarto viene fatta in base ai sintomi, alla storia medica personale e familiare e test diagnostici, quali:

  • ECG
  • dosaggio degli enzimi cardiaci
  • eco-cardiogramma
  • coronarografia

Infarto miocardico: problemi emotivi e fisici

Non abbattersi

Un paziente che abbia avuto un episodio di infarto miocardico è inevitabilmente sottoposto ad uno shock, per cui anche l’aspetto emotivo di questa malattia non va sottovalutato. Il principale errore commesso dal paziente è vivere nell’angoscia e nella paura che l’evento possa ripresentarsi. Stati d’ansia, agitazione, irritabilità e depressione accomunano questi pazienti.

Non isolarsi

È fondamentale che il paziente si confronti col cardiologo e si senta a proprio agio nell’esprimere perplessità e paure legate alla propria condizione. Ciò consentirà di affrontare la problematica nel migliore dei modi e di ridurre lo stato d’angoscia del paziente.

Non trascurarsi

Aver avuto un infarto non implica che l’evento si ripresenti, ed è fondamentale che il paziente sia a conoscenza della possibilità di controllare la propria patologia attraverso un adeguato stile di vita ed una corretta alimentazione, oltre che su una specifica terapia farmacologica

Chiedere aiuto

Il benessere mentale e la serenità sono alla base di ciascun percorso terapeutico: il paziente ha la possibilità di rivolgersi a psicologi per trovare il supporto necessario.

Non mollare

Uno degli errori più comuni del paziente infartuato è ritenersi un soggetto “fragile” e come tale assumere uno stile di vita sedentario, che invece è il principale nemico della placca. È necessario mantenere un regolare e costante esercizio fisico, il quale sta alla base dei meccanismi di prevenzione primaria e secondaria per l’infarto miocardico.

Infarto miocardico: attività fisica, alimentazione e stile di vita

Una corretta alimentazione ed una attività fisica quotidiana sono la principale strategia di prevenzione e trattamento delle malattie cardiovascolari, agendo sui fattori di rischio modificabili della patologia.

Alimentazione corretta

  1. evitare carni rosse e formaggi e prediligere frutta e verdura

  2. dieta povera di sale, per ridurre l’ipertensione

  3. consumare cibi poveri di grassi e distribuire l’apporto calorico durante la giornata riducendo la quota di grassi saturi, colesterolo, proteine animali e zuccheri semplici

  4. aumentare l’assunzione di pesce (salmone, sgombro, pesce azzurro) per l’elevato contenuto di vitamina D e Omega-3, ad effetto antiossidante.

Stile di vita 

L’attività fisica riduce i valori pressori, facilita il calo ponderale, migliora il profilo lipidico ed è di aiuto nell’eliminare lo stato d’ansia.

  1. evitare uno stile di vita sedentario, praticando attività fisica quotidiana, preferibilmente si raccomanda una camminata a passo svelto di almeno 30 minuti per 5 giorni alla settimana
  2. evitare il fumo di sigaretta, il quale favorisce lo sviluppo di uno stato ipertrombotico

Infarto miocardico: uso appropriato dei farmaci

Fondamentale è non solo l’uso dei farmaci più appropriati che verranno prescritti dallo specialista all’atto della dimissione/controllo, ma anche il modo in cui essi sono assunti. Bisogna:

attenersi scrupolosamente alle indicazioni del cardiologo.

• evitare ogni forma di “autoprescrizione” o “automedicazione”.

• segnalare rapidamente la comparsa di possibili effetti collaterali.

non modificare le dosi dei farmaci prescritti di propria iniziativa

leggere attentamente il foglietto illustrativo di ciascun farmaco discutendo con il proprio medico eventuali dubbi o perplessità.

non modificare l’orario o la modalità di assunzione dei farmaci rispetto alle indicazioni dello specialista.

L’automedicazione, la sospensione di farmaci e la scarsa compliance alla terapia sono eventi frequenti che nascono solitamente da medicazioni multiple dovute alla sovrapposizione di patologie concomitanti o alla comparsa di effetti collaterali che creano disagio nel paziente.  Ad esempio, frequente è la comparsa a seguito dell’assunzione di antiaggreganti (farmaco cardine per il trattamento in acuto e in cronico dell’infarto miocardico) di mal di testa, nausea, vomito e sanguinamenti con comparsa di ecchimosi diffuse. 

Infarto miocardico: comunicare in modo efficace

Comunicare

Una buona relazione medico/paziente è uno degli obbiettivi principali per intraprendere un percorso di cura ideale. L’empatia, la comprensione, nonché la fiducia riposta dal paziente nel medico curante sono i principi su cui questo rapporto deve fondarsi e crescere. 

Oltre al paziente in senso stretto, fondamentale è il coinvolgimento dei familiari, in modo che siano consapevoli della patologia e della necessità di fornire non solo supporto psicologico, ma in particolar modo di guidare e vigilare il paziente nel percorso di cura e follow-up della patologia. Questo è ancor più valido per i pazienti anziani e non autosufficienti che potrebbero non essere in grado da soli di aderire correttamente al trattamento.

Infarto miocardico: prendere decisioni e risolvere problemi correlati alla malattia

Il paziente deve essere adeguatamente messo a conoscenza dei farmaci e delle corrette modalità di assunzione, nonché degli eventuali effetti indesiderati ad essi associati. Questi, potrebbero scoraggiare il paziente e portarlo alla sospensione della terapia. Per questo è necessario che durante il colloquio col paziente egli sia appropriatamente istruito sui rischi associati alla patologia, la necessità del trattamento adeguato e dei rapporti rischio/beneficio correlati. Alla base di un trattamento efficace vi è la messa a punto di uno schema terapeutico definito e specifico, che possa tenere conto anche delle eventuali patologie concomitanti. È fondamentale che il paziente e lo stesso cardiologo si confrontino durante il percorso di cura con gli altri specialisti coinvolti e le figure sanitarie che prendono parte al percorso di cura. 

Infarto miocardico: riposo notturno

Dormire bene

È stata dimostrata da tempo la correlazione tra un adeguato riposo notturno e la riduzione del rischio cardiovascolare e come un sonno alterato o insufficiente sia invece possibile causa di aumento del rischio di infarto. Questo sarebbe spiegato dal fatto che la proliferazione cellulare e l’attività infiammatoria a carico dei vasi coronarici potrebbe essere ridotte da un adeguato riposo notturno. Spesso questi pazienti presentano disturbi del sonno correlati agli stati emotivi di angoscia ed agitazione legati alla patologia.

Fondamentale quindi è migliorare la qualità e la quantità del sonno, attraverso dei semplici consigli

  1. evitare l’assunzione di caffè, tè o altre sostanze stimolanti durante la giornata
  2. evitare l’assunzione di cibi che possano rallentare la digestione e disturbare il riposo notturno
  3. evitare di riposare durante le ore pomeridiane
  4. andare a letto solo quando si ha sonno
  5. assumere, se necessario, farmaci che possano migliorare il riposo riducendo gli stati d’ansia e agitazione
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