Scompenso cardiaco acuto

Scompenso cardiaco acuto

Lo scompenso cardiaco acuto (Acute Heart Failure, AHF) è una condizione clinica potenzialmente pericolosa per la vita che può derivare dal peggioramento di uno scompenso cardiaco cronico già diagnosticato (insufficienza cardiaca) o rappresentarne l’evento d’esordio.

Per aumentare le possibilità di sopravvivenza e migliorare il recupero successivo, lo scompenso cardiaco acuto deve essere gestito tempestivamente, da parte di cardiologi esperti e in strutture ospedaliere adeguatamente attrezzate.

Anche attuando i migliori interventi terapeutici, tuttavia, non è sempre possibile ottenere esiti clinici favorevoli, anche a causa della complessità e fragilità dei pazienti interessati dall’evento.

Cause

Un episodio di scompenso cardiaco acuto può essere causato da un’alterazione della funzionalità cardiaca di qualsiasi natura.

Nei pazienti con insufficienza cardiaca nota, spesso, il peggioramento repentino è indotto da un fattore precipitante o scatenante, come per esempio: un’aritmia; la sospensione o la scarsa aderenza alla terapia con diuretici; uno stress fisico intenso, tale da alterare il bilancio idrosalino generale; una patologia infettiva acuta delle vie aeree o un peggioramento di malattie respiratorie croniche concomitanti (asma, BPCO); l’endocardite infettiva; l’anemia; le alterazioni della funzionalità tiroidea; l’inopportuna assunzione di farmaci che interferiscono con la funzionalità renale, come i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) o i cortisonici; l’abuso di alcolici o di sostanze stupefacenti.

Sintomi

Le modalità di insorgenza dello scompenso cardiaco acuto e i relativi segni e sintomi possono variare da paziente a paziente.

In molti casi, viene segnalato un graduale peggioramento delle difficoltà respiratorie e dell’edema periferico lungo un periodo di alcuni giorni o settimane (fino a richiedere l’intervento medico e il ricorso al Pronto soccorso), mentre in altri casi il peggioramento delle condizioni cardiopolmonari è repentino e diventa severo nell’arco di ore o minuti (a volte, anche in concomitanza con un infarto miocardico acuto).

I pazienti possono presentare uno spettro di situazioni cliniche che vanno dall’edema polmonare potenzialmente fatale allo shock cardiogeno (condizione a elevato tasso di mortalità determinata da un’insufficiente ossigenazione dei tessuti dell’organismo, legata a un deficit di portata cardiaca), a una condizione meno severa caratterizzata soprattutto dal peggioramento dell’edema periferico (accumulo di liquidi nei tessuti).

Diagnosi

In considerazione della situazione di emergenza e del frequente verificarsi di episodi di scompenso cardiaco acuto in pazienti già notoriamente affetti da insufficienza cardiaca, la diagnosi e il trattamento sono in genere condotti in parallelo, soprattutto nei pazienti molto compromessi e a elevato rischio di esito infausto.

Nelle fasi iniziali della valutazione e della terapia, è essenziale uno stretto controllo dei parametri vitali del paziente ed è più appropriato gestire alcuni pazienti in Unità di Terapia intensiva o in Unità Coronarica.

Tra gli stili di vita

Il percorso terapeutico del paziente con scompenso cardiaco acuto varia notevolmente in funzione delle modalità di insorgenza dei sintomi, dei tempi di arrivo in Pronto soccorso e della gravità clinica, anche in considerazione dell’attuale assenza di linee guida di gestione condivise.

Dal momento che, nella maggioranza dei casi, la causa del ricovero è il peggioramento delle difficoltà respiratorie (dovuto all’insufficiente attività di pompa cardiaca e alla congestione polmonare), associato o meno a ritenzione idrosalina e al conseguente repentino incremento di peso di alcuni kg, in genere, i primi interventi sono indirizzati a controbilanciare il deficit respiratorio e il sovraccarico idrico. Per farlo, si utilizzano essenzialmente farmaci diuretici per via endovenosa, mantenendo il paziente sotto stretto monitoraggio.

La persistenza delle difficoltà respiratorie e/o dei sintomi di congestione cardiopolmonare durante il ricovero e/o il sopraggiungere di un ulteriore peggioramento dello scompenso, tali da richiedere il ripristino o l’aumento del dosaggio della terapia endovenosa predicono una prognosi sfavorevole, con un incremento della mortalità di 3-4 volte. Anche la ricomparsa di segni di congestione o l’incremento di peso da ritenzione idrica dopo la dimissione sono risultati associati a un’aumentata mortalità.

Altre variabili che influenzano pesantemente il quadro clinico e la prognosi dei pazienti con scompenso cardiaco acuto sono i livelli di pressione arteriosa, l’ischemia miocardica, il ritmo cardiaco e la funzionalità renale.

Anche la presenza di comorbilità molteplici, frequente in considerazione dell’età mediamente avanzata e del quadro clinico compromesso dei pazienti, incide significativamente sul decorso dell’episodio acuto e sulla successiva evoluzione della malattia cardiaca.

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