Cisti ovariche

Le cisti ovariche sono formazioni cave ripiene di fluido o altri materiali che possono occasionalmente formarsi all’interno o sulla superficie delle ovaie in diversi momenti della vita della donna, con maggior frequenza durante il periodo fertile.

Il loro riscontro non deve suscitare eccessiva preoccupazione, dal momento che raramente sono pericolose per la salute generale o riproduttiva, né causano riduzione della fertilità.
Nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di formazioni benigne che insorgono per ragioni funzionali, legate all’alterazione delle oscillazioni dei livelli ormonali tipiche del ciclo mestruale.

Maggiore attenzione deve essere posta nei confronti delle cisti ovariche che compaiono prima della pubertà o dopo la menopausa, poiché in questi casi la probabilità che si tratti di forme neoplastiche, più gravi e più impegnative da gestire, è più elevata.

Cause

Nell’ambito delle patologie benigne dell’ovaio si possono distinguere le forme funzionali (follicolari sierose e luteiniche), quelle da endometriosi e quelle neoplastiche.
Le prime sono le cisti ovariche di più frequente riscontro e costituiscono, per numero di pazienti, la quarta causa di ricovero ospedaliero per la donna.
Le cause delle cisti ovariche sono differenti a seconda del tipo di cisti considerato.

Le cisti follicolari sierose sono piccole sacche sferiche dalla superficie liscia e dalle pareti sottili, piene di liquido omogeneo senza aggregati solidi; sono tipiche dell’età fertile e rendono conto di circa il 65% dei casi.
Generalmente, si formano in seguito alla mancata rottura di un follicolo ovulatorio (fisiologicamente prevista per permettere il rilascio dell’ovulo maturo nelle tube di Falloppio, dove potrà essere fecondato) e al suo rigonfiamento dovuto all’accumulo del liquido in esso contenuto.

Le cisti luteiniche sono dovute alla formazione di un ematoma oppure alla raccolta di siero o sangue all’interno di un corpo luteo. Il corpo luteo corrisponde alla struttura che rimane dopo la liberazione dell’ovulo maturo da parte del follicolo ovarico; se l’ovulo viene fecondato, il corpo luteo serve a sostenere la gravidanza, attraverso la produzione di ormoni caratteristici, fino a quando non si forma e non diviene completamente funzionale la placenta.

Le cisti di origine endometriosica sono dovute alla presenza sulla superficie dell’ovaio di cellule dell’endometrio (ossia della mucosa che riveste le pareti interne dell’utero), lì giunte attraverso le tube di Falloppio trasportate da una quota di sangue mestruale erroneamente risalito verso l’alto, anziché espulso con il flusso mensile.
I piccoli frammenti di endometrio localizzati nell’ovaio vanno ciclicamente incontro a sfaldamento ed emorragia durante il periodo mestruale, esattamente come farebbero se si trovassero nella loro collocazione naturale, e ciò determina la formazione delle raccolte di sangue caratteristiche delle cisti endometriosiche, dette anche endometriomi o “cisti cioccolato”.

Le cisti “non funzionali” sono un vasto gruppo di formazioni che possono originare da diversi tipi di cellule dell’ovaio: epiteliali, stromali o germinali.

In tutti i casi si tratta di neoplasie, che possono avere una natura benigna, una malignità “borderline” oppure essere francamente maligne.

Sono neoplasie ovariche benigne il cistoadenoma sieroso e quello mucinoso, che possono raggiungere anche dimensioni ragguardevoli ed essere pluriconcamerati, costituiti cioè dall’insieme di più sacche anziché da una sola.
Un altro tipo di neoplasia benigna dell’ovaio di riscontro abbastanza frequente è la cisti dermoide, detta anche “teratoma maturo”, che rappresenta il 15% di tutte le neoplasie ovariche.
Si tratta di un tumore benigno causato dalla proliferazione di elementi ben differenziati dell’ectoderma, il più esterno dei tre “foglietti” embrionali (gli strati di cellule che costituiscono l’embrione nelle prime fasi di sviluppo).
Dall’ectoderma normalmente derivano i tessuti di rivestimento del corpo, come la pelle, i peli, i capelli, le unghie e i denti: tutte strutture che possono in parte formarsi anche all’interno della cisti ovarica nella donna adulta.
Raramente, in questo tipo di cisti sono presenti anche elementi derivati dagli altri due foglietti embrionali, il mesoderma e l’endoderma.

Le neoplasie ovariche maligne sono di raro riscontro in giovane età (si stima che l’incidenza al di sotto dei 30 anni sia di 3 casi ogni 100.000), ma diventano più frequenti andando avanti con gli anni (arrivando a 21 casi ogni 100.000 per donne con età compresa tra i 30 ai 50 anni) e possono essere dovute a una serie abbastanza ampia di mutazioni genetiche caratteristiche, che fanno assumere a diversi gruppi di cellule la capacità di moltiplicarsi in modo incontrollato.

Sintomi

I diversi tipi di cisti ovariche possono causare sintomi di tipologia e intensità differenti oppure restare del tutto “silenti” ed essere individuate soltanto in occasione di controlli ginecologici periodici o finalizzati a verificare la causa di eventuali disturbi ovulatori.

Nel caso delle cisti follicolari sierose, i sintomi sono generalmente scarsi, talvolta assenti.
Il dolore addominale, quando presente, può comparire in momenti diversi del ciclo mestruale ed è determinato dalla distensione della capsula che racchiude l’ovaio o dalla compressione di strutture adiacenti; a volte, il dolore si manifesta durante o dopo l’attività fisica o i rapporti sessuali.

Nel caso delle cisti funzionali luteiniche, la sintomatologia dolorosa è più spiccata e si manifesta tipicamente nella seconda metà del ciclo mestruale, dopo l’ovulazione.

Le cisti di origine endometriosica possono non essere accompagnate da alcun sintomo, oppure dalla comparsa o dall’aggravamento della dismenorrea, ossia dell’insieme dei fastidi fisici e psicoemotivi che si manifesta tipicamente nei primi giorni del flusso mestruale o nella settimana che lo precede.

Diagnosi

La presenza di cisti ovariche può essere sospettata durante una visita ginecologica di controllo o richiesta a causa di sintomi addominali di nuova insorgenza in diverse fasi del ciclo mestruale e viene confermata dall’esecuzione di un’ecografia ginecologica, generalmente eseguita per via transvaginale.

L’ecografia pelvica transvaginale è anche la principale metodica utilizzata per la caratterizzazione pre-operatoria delle cisti ovariche. Prima della pubertà e nelle donne che non hanno mai avuto rapporti sessuali si ricorre alla scansione transaddominale (esterna) a vescica piena.
L’indagine ecografica permette di ottenere informazioni preziose sulla struttura della cisti, ossia se contiene solo liquido ed è a pareti lisce oppure irregolare a contenuto solido e liquido, pluriconcamerata e con setti di spessore superiore ai tre millimetri, e quindi avere un’indicazione iniziale sulla possibile malignità e sugli approfondimenti e trattamenti da pianificare.
In supporto all’indagine ecografia, quando si riscontra una neoformazione ovarica, viene richiesto anche il dosaggio di alcuni marker tumorali nel sangue periferico, come per esempio l’a-fetoproteina, l’antigene carcino-embrionario (CEA), le ß-hCG, il CA 19-9 e, soprattutto, il CA 125 (Cancer Antigen 125), che rappresenta il più importante marcatore tumorale per il carcinoma ovarico.

Tra gli stili di vita

Se la cisti ha diametro inferiore ai cinque centimetri, confini ben definiti, contenuto completamente liquido e se i marker tumorali sono negativi, l’asportazione chirurgica può anche non essere indispensabile e si può tentare di far riassorbire la cisti con una terapia ormonale estroprogestinica.

In tutti gli altri casi e quando i farmaci non bastano, si deve procedere all’intervento chirurgico, che viene quasi sempre effettuato per via laparoscopica, ovvero praticando tre incisioni di pochi centimetri nella parete addominale (in genere, uno a livello dell’ombelico e gli altri due vicino al bordo anteriore dell’osso dell’anca), attraverso le quali vengono inseriti un endoscopio e gli strumenti operatori.

Se la cisti non è troppo grande e non è localizzata in posizioni critiche, è possibile eliminarla senza danneggiare l’ovaio, che dopo l’intervento rimarrà perfettamente funzionale, preservando interamente la fertilità.
L’intervento in laparoscopia richiede circa 3 giorni di ricovero e una convalescenza di circa una settimana, durante la quale si dovrà rimanere a riposo evitando di compiere sforzi.

Quando ci si trova di fronte a una patologia maligna è spesso necessario ricorrere a un intervento chirurgico convenzionale e, in molti casi, non si può fare a meno di sacrificare l’intero ovaio o addirittura tutto l’apparato genitale.
Solamente in caso di formazioni molto piccole, in fase iniziale e con malignità borderline, che compaiono in donne giovani e che non hanno ancora avuto figli, si può cercare di evitare l’asportazione radicale.

In ogni caso, la fertilità non viene ridotta in modo significativo dalla rimozione di un solo ovaio, perché quello controlaterale rimasto è in grado di vicariarne le funzioni.

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