Arteriopatia obliterante periferica

L’arteriopatia obliterante periferica è una patologia vascolare che interessa le arterie, soprattutto quelle delle gambe, impedendo ai muscoli e ai tessuti di ricevere un’irrorazione sanguigna adeguata, con conseguente insorgenza di sintomi di ischemia (dolore, crampi, impossibilità di usare i distretti muscolari interessati).

Cause

L’arteriopatia obliterante periferica si instaura in seguito all’occlusione totale o parziale di un distretto arterioso periferico, principalmente a livello degli arti inferiori (arteria femorale superficiale, arteria poplitea, vasi tibiali), cui consegue un’interruzione della vascolarizzazione dei muscoli delle gambe.

La patologia si instaura nel contesto di un processo aterosclerotico generalizzato che porta all’irrigidimento e all’ispessimento delle pareti delle arterie e alla progressiva chiusura del lume, in un punto in cui è presente una placca di dimensioni significative. Il fenomeno si sviluppa nell’arco di anni e può rimanere silente a lungo.

L’arteriopatia periferica interessa soprattutto persone con più di 70 anni, ma se sono presenti fattori di rischio per la patologia arteriosclerotica, come diabete mellito, fumo, ipercolesterolemia o altre dislipidemie, sovrappeso od obesità, ipertensione e predisposizione familiare, la patologia può iniziare a manifestarsi già dopo i 40 anni e avere un decorso più rapido e sfavorevole.

In chi soffre di diabete, il rischio di sviluppare ischemia periferica critica aumenta di quattro volte rispetto alla popolazione generale, mentre nei fumatori triplica. Anche la vita sedentaria tende a peggiorare il quadro clinico, mentre un incremento dell’attività fisica nei pazienti che possono ancora praticarla ha effetti positivi, contribuendo a rallentare l’evoluzione dell’arteriopatia.

Sintomi

Le prime manifestazioni dell’arteriopatia periferica compaiono quando la malattia è già relativamente avanzata e il sangue non riesce più ad arrivare in quantità sufficiente ai muscoli delle gambe.

Il sintomo iniziale tipico è la claudicatio intermittens, un disturbo caratterizzato da dolore crampiforme al polpaccio o alla coscia, che compare a intervalli più o meno regolari durante il cammino o l’attività fisica e che costringe a fermarsi più o meno frequentemente in relazione al grado di occlusione dell’arteria, in attesa che passi spontaneamente.
In considerazione di questa modalità di presentazione caratteristica l’arteriopatia periferica viene chiamata anche “malattia delle vetrine”.

I crampi si ripresentano costantemente, ogni volta che si effettua uno sforzo muscolare, in una qualunque ora del giorno e per livelli di attività sempre minori con il progredire della malattia, limitando notevolmente le attività quotidiane e con un significativo impatto sulla qualità di vita.
Chi ne soffre, in genere, ha sintomi più intensi in inverno perché l’azione vasocostrittrice del freddo accentua il grado di occlusione effettivo.
Negli stadi più avanzati, detti di “ischemia critica”, il dolore può comparire anche a riposo o permanere in modo pressoché costante, anche durante la notte, impedendo di dormire e richiedendo l’impiego sistematico di farmaci analgesici per essere attenuato.

Diagnosi

Purtroppo, non esistono campanelli d’allarme più precoci della claudicatio che aiutino a sospettare la presenza dell’arteriopatia periferica e, anche quando la malattia si manifesta, spesso, viene sottovalutata o confusa da chi ne soffre con disturbi di tipo diverso, in particolare con la lombosciatalgia.

Per favorire una diagnosi precoce, ogni dolore crampiforme ingiustificato e di causa non nota a carico della gamba, che limiti il movimento, in una persona con più di 40 anni, soprattutto se uomo, fumatore o diabetico, dovrebbe essere sempre sottoposto all’attenzione del medico e opportunamente indagato con ecocolordoppler per poter effettuare una valutazione differenziale accurata e procedere alle cure del caso.
L’individuazione precoce dell’arteriopatia periferica e la caratterizzazione del grado di occlusione sono importanti non soltanto per tutelare l’arto, ma anche perché la claudicatio costituisce l’espressione locale di una malattia sistemica a carico di tutte le arterie, comprese le coronarie, le carotidi e le arterie cerebrali.
La sua comparsa, quindi, indica una propensione ad andare incontro a eventi cardiovascolari e cerebrovascolari acuti, come infarto miocardico e ictus cerebrale.

Registrato il sintomo periferico e caratterizzato lo stadio della malattia, il paziente dovrà, quindi, essere non soltanto avviato alla terapia medica o chirurgica specifica per l’arteriopatia, ma anche sottoposto a un monitoraggio cardiovascolare di carattere più generale, con valutazioni cardiovascolari periodiche.

Tra gli stili di vita

Quando l’occlusione è a uno stadio iniziale e la claudicatio non è particolarmente invalidante in rapporto alle attività abituali del paziente, l’arteriopatia periferica può essere “tenuta sotto controllo” con i farmaci e con opportune modificazioni dello stile di vita indirizzate all’aumento dell’attività fisica, all’abolizione del fumo e alla correzione delle scelte dietetiche. L’obiettivo della terapia medica non è curare l’arteriopatia, che una volta instaurata non può essere fatta regredire con i farmaci, ma minimizzare l’impatto di tutti i fattori che possono favorirne l’ulteriore progressione.

Nei pazienti più gravi, con claudicatio invalidante che non risponde alla terapia medica o con ischemia critica, si deve procedere a interventi di rimozione o rimodellamento della placca nel punto in cui è presente l’occlusione.
Per farlo si può procedere con approccio chirurgico tradizionale con diverse metodiche (asportazione della placca aterosclerotica dall’arteria o applicazione di un bypass arterioso) oppure con una tecnica endovascolare simile all’angioplastica coronarica (riapertura del vaso e applicazione di stent).

Per scegliere in modo razionale tra le diverse opzioni di trattamento, endovascolare o chirurgico, ci si basa su criteri legati sia alle condizioni generali del paziente sia al grado di severità della malattia.
In particolare, per l’arteriopatia periferica sono state individuate quattro classi di patologia: la classe A trae i maggiori vantaggi dall’approccio endovascolare; la classe D da quello chirurgico; il trattamento delle classi intermedie (B e C) va valutato di volta in volta nel singolo paziente, anche in relazione all’esperienza maturata nel centro che deve effettuare l’intervento.
Per pazienti in classe B o C molto anziani e debilitati, il trattamento endovascolare è preferibile perché meno invasivo. In un paziente con quadro clinico paragonabile, ma relativamente giovane e in buone condizioni generali, può essere più vantaggiosa la chirurgia, di norma caratterizzata da risultati più duraturi.

I tempi del ricovero e del recupero nel post-operatorio sono diversi nei due casi: 2-3 giorni di ospedalizzazione per il trattamento endovascolare; 3-5 giorni di ricovero per l’intervento tradizionale. In entrambi i casi, i sintomi della claudicatio scompaiono in modo quasi immediato dopo il trattamento.

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