Coronaropatia

Con il termine coronaropatia ci si riferisce a una “sofferenza” cronica delle coronarie, le arterie che riforniscono di sangue il muscolo cardiaco, nella maggioranza dei casi determinata dalla patologia arteriosclerotica e, meno frequentemente, da altre condizioni che possono causare spasmi a livello delle pareti delle arterie, infiammazioni o alterazioni di altra natura.

Prima dei 55-60 anni, la coronaropatia interessa principalmente gli uomini, poiché le donne beneficiano della protezione cardiovascolare offerta dagli ormoni femminili (estrogeni).
Dopo la menopausa, l’incidenza della coronaropatia si allinea nei due sessi, per diventare prevalente tra le donne dopo i 75 anni, principalmente a causa della loro aspettativa di vita mediamente maggiore rispetto a quella della popolazione maschile.

Nonostante una diagnosi più precisa e precoce e il netto miglioramento delle strategie preventive e degli interventi in emergenza in occasione di eventi coronarici acuti degli ultimi due decenni, la coronaropatia resta a tutt’oggi la prima causa di morte nei Paesi occidentali e risulta sempre più diffusa nelle economie emergenti, soprattutto a causa dell’adozione di stili di vita inadeguati.

Cause

La coronaropatia è quasi sempre causata dall’accumulo di colesterolo “cattivo” (LDL) e altri grassi lungo le pareti interne delle coronarie e dalla conseguente formazione di placche aterosclerotiche che, crescendo progressivamente, determinano un graduale restringimento del lume, lasciando sempre minore spazio al flusso del sangue.

Altri due fenomeni concomitanti che contribuiscono alla coronaropatia sono il progressivo irrigidimento delle pareti delle arterie (principalmente legato all’invecchiamento e alla presenza di ipertensione) e l’infiammazione a livello delle placche aterosclerotiche, che danneggia ulteriormente le coronarie e aumenta notevolmente il rischio che si verifichino eventi coronarici acuti (ossia infarto miocardico acuto e attacchi di angina instabile).

Un’altra possibile causa di coronaropatia di riscontro meno frequente è rappresentata dalla propensione delle coronarie ad andare incontro a vasocostrizione anomala, in modo spontaneo o in seguito all’assunzione di sostanze con azione vasocostrittrice, come la nicotina presente nelle sigarette, la cocaina o altre amfetamine.

Esistono anche coronaropatie determinate dalla cosiddetta “disfunzione endoteliale”, ossia dall’incapacità delle coronarie di espandersi a sufficienza per supportare una transitoria maggiore richiesta di sangue da parte del muscolo cardiaco, come avviene quando si pratica attività fisica.

Abbastanza rare sono, invece, le coronaropatie legate a difetti cardiaci congeniti, oppure a infezioni virali (come la malattia di Kawasaki), malattie autoimmunitarie (come il lupus eritematoso sistemico, LES), infiammazioni generalizzate delle arterie (arterite), danni secondari a trattamenti radioterapici o a traumi fisici (per esempio, durante un intervento cardiochirurgico o a una procedura endoscopica) o a trombosi coronarica.

Diversi fattori aumentano significativamente il rischio di sviluppare una coronaropatia, soprattutto su base aterosclerotica.

Tra i principali aspetti modificabili, su cui si può quindi agire in senso preventivo, vanno ricordati:

  • alti livelli di colesterolo “cattivo” (LDL) nel sangue e altre dislipidemie;
  • bassi livelli di colesterolo “buono” (HDL) nel sangue;
  • iperglicemia o diabete;
  • fumo;
  • ipertensione arteriosa;
  • sovrappeso e obesità, soprattutto concentrati a livello addominale;
  • sedentarietà;
  • sindrome metabolica;
  • stress intenso/protratto;
  • dieta.

Sintomi

Purtroppo, le coronaropatie tendono a non dare sintomi finché il danno alle pareti delle arterie e l’ostruzione determinata dalle placche aterosclerotiche non sono a uno stadio avanzato.
La maggioranza dei pazienti, quindi, convive a lungo con una coronaropatia in modo del tutto inconsapevole, rimanendo esposta a un rischio variabile, ma tendenzialmente elevato, di andare incontro a eventi coronarici acuti.

Quando si manifestano, le coronaropatie possono assumere la forma dell’angina pectoris (causando quindi dolore toracico simile a quello dell’infarto, affanno, difficoltà respiratorie, malessere generale, palpitazioni e ansia) oppure dare luogo a diverse tipologie di infarto miocardico acuto, in funzione della zona del cuore interessata dall’ischemia e della sua estensione.

Diagnosi

La diagnosi della coronaropatia in fase avanzata coincide con quella dei disturbi che ne derivano, ossia dell’angina oppure di un infarto miocardico acuto.
La diagnosi precoce in persone asintomatiche avviene generalmente nel contesto di controlli mirati, in soggetti che presentano familiarità per patologie coronariche (in particolare, infarto miocardico acuto prima dei 50-55 anni in un familiare di primo grado) o comunque ritenuti a elevato rischio a causa dell’età, della presenza di parametri clinici critici alterati o di patologie predisponenti/aggravanti (in particolare, il diabete e l’ipertensione).
Per confermare la diagnosi di coronaropatia è sempre necessario effettuare indagini strumentali che permettano di ottenere informazioni sullo stato delle pareti interne delle coronarie e sul grado di ostruzione.

Le principali indagini di norma effettuate a questo scopo comprendono l’ecocardiogramma, l’ecocolordoppler cardiaco, il test da sforzo, la TAC o la risonanza magnetica cardiaca (RM), l’angiografia o l’angio-risonanza cardiaca (angio-RM), oltre naturalmente a tutta una serie di analisi di laboratorio utili a precisare il quadro clinico generale e a individuare i parametri da correggere per frenare l’evoluzione della coronaropatia e ridurre il rischio di eventi coronarici acuti.

Tra gli stili di vita

Il trattamento della coronaropatia è finalizzato a frenare l’evoluzione del processo arteriosclerotico e a garantire un migliore flusso di sangue attraverso le coronarie, al fine di assicurare una corretta irrorazione del muscolo cardiaco.
I primi fondamentali interventi per raggiungere questo obiettivo riguardano l’eliminazione dei fattori di rischio (in particolare, il fumo) e la correzione dello stile di vita, che deve diventare più attivo e caratterizzato da una dieta sana per quantità e qualità (ossia basata su cereali integrali, frutta e verdura, legumi, pesce e carni bianche, pochi grassi vegetali e poco sale).

Per contrastare ipertensione, ipercolesterolemia e iperglicemia, oltre ad attività fisica e dieta appropriata, sono di norma necessarie terapie farmacologiche mirate, ossia: farmaci betabloccanti o calcioantagonisti, che impediscono l’accelerazione della funzione di pompa del cuore; statine o altri medicinali in grado di ridurre i livelli di colesterolo LDL nel sangue; ipoglicemizzanti orali o iniettivi per mantenere l livelli di zucchero nel sangue entro limiti di sicurezza.
Il flusso di sangue nelle coronarie può essere migliorato anche attraverso farmaci che promuovono il rilassamento delle pareti vasali, come nitrati, calcio-antagonisti e ranolazina, mentre la terapia antiaggregante riduce il rischio di trombosi coronarica acuta.

Quando l’ostruzione coronarica è significativa, non gestibile con la sola terapia medica e ad alto rischio di determinare una sindrome coronarica acuta, viene generalmente proposto di attuare un intervento di rivascolarizzazione coronarica, per via percutanea (Percutaneus Coronary Intervention, PCI) o con angioplastica coronarica ed eventuale applicazione di stent, oppure di “aggirare” il tratto di coronaria ostruito attraverso l’applicazione di un bypass aorto-coronarico (Coronary Artery Bypass Grafting, CABG).

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