Annegamento: qual è la terapia da adottare?

Quando si parla di annegamento si parla di diagnosi di morte, per cui sarebbe più corretto parlare di “semiannegamento”, con il quale si denota la condizione di un soggetto di essere sopravvissuto al soffocamento per immersione. Il rischio maggiore di questa eventualità è legato all’aspirazione dell’acqua nelle vie aeree. Ciò porta perdita di coscienza e la necessità di assistenza al paziente.

L’acqua potrebbe essere ipertonica o ipotonica. Nel primo caso il paziente andrà incontro a emoconcentrazione, nel secondo a emodiluizione ed emolisi. Gli esami da svolgere sono l’emogasanalisi arteriosa, il pH e i bicarbonati. Capita infatti che la maggior parte degli annegati siano in acidosi, inizialmente respiratoria e metabolica, poi di tipo metabolico.

Principi di terapia

È necessario innanzitutto estrarre il paziente dall’acqua, cercando di raggiungerlo con l’ausilio di una corda o di un bastone. In attesa del trasporto in ospedale, disostruire immediatamente il cavo orale, praticare la respirazione bocca a bocca o bocca a naso e mantenere il paziente su un fianco.

In rianimazione è necessario:

  • Drenaggio posturale
  • Ossigenoterapia
  • Eventuale intubazione
  • Correzione dell’acidosi e della volemia
  • Monitoraggio e sostegno della funzionalità cardiovascolare
  • Trattamento di eventuali complicanze neurologiche
  • Antibioticoterapia

La prognosi è legata alla precocità dell’intervento e solitamente è favorevole e priva di sequele a lungo termine.

Fonte: Handbook della Guardia Medica a cura di Piercarlo Salari

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