Depressione e schizofrenia si curano anche con l’attività fisica

Le raccomandazioni dell’Associazione Europea di Psichiatria (EAP) per sfruttare i benefici del movimento regolare nel trattamento della depressione maggiore e della schizofrenia, in aggiunta ai farmaci e alla psicoterapia.

Lattività fisica, soprattutto di tipo aerobico, è utile e va praticata regolarmente non soltanto per migliorare il benessere e la salute su vari fronti, ma anche come vera e propria terapia aggiuntiva efficace nella cura di malattie psichiatrie severe come la depressione maggiore o la schizofrenia. A questa conclusione è arrivata l’Associazione Europea di Psichiatria (EAP) dopo un’estesa analisi degli studi condotti negli ultimi decenni per valutare l’impatto sul piano metabolico, cardiovascolare, psicologico e cognitivo dell’esercizio strutturato e monitorato nella popolazione generale priva di disturbi psichici clinicamente rilevanti o affetta da disagio psichico più o meno significativo.

In base alle evidenze disponibili, i benefici ottenibili riguarderebbero sia la riduzione del rischio di sviluppare ipertensione e altre malattie cardiovascolari acute e croniche, diabete e sovrappeso, impoverimento della massa ossea e osteoporosi (tutte condizioni promosse dalla tendenziale sedentarietà di chi soffre di depressione maggiore e schizofrenia e da alcuni dei farmaci indispensabili per curarle) sia l’attenuazione dei sintomi psichiatrici e il miglioramento della funzionalità fisica, psichica e intellettiva, con possibile rallentamento del declino cognitivo che può instaurarsi nel tempo e ripercussioni favorevoli sulla qualità di vita generale. Senza dimenticare, gli effetti benefici del movimento sul sonno notturno: aspetto spesso compromesso in chi soffre di malattie psichiatriche, la cui normalizzazione risulta fondamentale per supportare il trattamento e prevenire riacutizzazioni dei sintomi.

Per trarne i massimi vantaggi, le persone con depressione maggiore lieve-moderata dovrebbero praticare attività fisica aerobica o un misto di allenamento aerobico e di resistenza almeno 2-3 volte alla settimana, per circa 45-60 minuti a sessione. In mancanza di studi che indichino la superiorità di una forma di movimento rispetto all’altra, si può scegliere la disciplina che si preferisce, in relazione all’età e alle potenzialità fisiche individuali. Per esempio, sono perfette attività come la ginnastica a corpo libero, la corsa, la bicicletta, gli esercizi in palestra ecc. A patto che siano eseguite sotto la supervisione di un istruttore competente.

Nel caso della schizofrenia, l’EAP raccomanda che almeno 150 minuti complessivi di attività fisica moderata-vigorosa alla settimana siano inseriti nel contesto di un piano di cura multidisciplinare personalizzato, comprendente terapia farmacologica, interventi psico-comportamentali e riabilitazione funzionale. Anche in questo caso, è fondamentale che a coordinare le sessioni di allenamento sia personale preparato, in grado di interagire positivamente con i pazienti e di supportarne la motivazione al movimento regolare e correttamente eseguito (impresa spesso ardua anche nel caso di persone prive di malattie psichiatriche).

Naturalmente, non ci si deve aspettare miracoli dall’attività fisica e non è certo possibile utilizzarla in totale sostituzione delle terapie convenzionali previste per depressione maggiore e schizofrenia, ma il beneficio aggiuntivo che può apportare è dimostrato e merita di essere sfruttato fin dove possibile, per supportare un miglior recupero dell’equilibrio generale dell’organismo.

Raccomandazioni analoghe al movimento regolare valgono anche per chi, pur senza avere diagnosi di disturbi psichiatrici specifici, tende a sperimentare sintomi depressivi, nervosismo, instabilità dell’umore o disturbi del sonno in uno o più periodi dell’anno (in particolare, in autunno-inverno o nei cambi di stagione): i benefici non mancheranno.

Fonte

Stubbs B et al. EPA guidance on physical activity as a treatment for severe mental illness: a meta-review of the evidence and Position Statement from the European Psychiatric Association (EPA), supported by the International Organization of Physical Therapists in Mental Health (IOPTMH). Eur Psychiatry. 2018;54:124-144. doi:10.1016/j.eurpsy.2018.07.004.

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