I sintomi mestruali riducono la produttività delle donne in età fertile

Se pensate che i fastidi fisici e psicologici che possono accompagnare i giorni del flusso mestruale e quelli che lo precedono siano cosa di poco conto, o siete uomini o siete donne molto fortunate. Anche quando non si soffre di vere e proprie patologie associate al ciclo mestruale come l’endometriosi, infatti, i sintomi con cui gran parte delle donne deve fare periodicamente i conti durante tutta o parte della vita fertile sono abbastanza impegnativi da sopportare e da gestire.   Crampi e dolore al basso ventre, che può irradiarsi alle gambe; mal di schiena; nausea e disturbi intestinali; difficoltà di concentrazione e cefalea; stanchezza e malessere generale; irritabilità, nervosismo; depressione o ansia. Ancorché benigne e transitorie, combinate in vario modo per tipologia e intensità, queste manifestazioni possono interferire significativamente con le attività quotidiane per uno o più giorni, impedendo di assolvere ai propri impegni di studio e lavoro nel migliore dei modi. Con ripercussioni anche sul piano socioeconomico, in considerazione della perdita di produttività.  Uno studio olandese su scala nazionale che ha coinvolto quasi 33mila donne, reclutate nell’ambito della popolazione generale femminile in età fertile (15-45 anni), ha valutato questo impatto attraverso la somministrazione di questionari online che hanno indagato sia la perdita di produttività legata alle assenze da scuola o dal posto di lavoro correlate al flusso mestruale sia quella associata al “presentismo”, ossia alla presenza in condizioni psicofisiche non eccellenti.  Dalle risposte ottenute è risultato che il 13,8% delle donne in età fertile deve occasionalmente assentarsi dal lavoro o dagli impegni di studio a causa dei disturbi mestruali, perdendo in media 1,3 giorni all’anno. Se questo dato può apparire rassicurante (ma non lo è, se si considera che si tratta di un valore medio e che il flusso mestruale è un fenomeno fisiologico e non una malattia), altrettanto non si può dire della percentuale di presentismo e riduzione della produttività correlata, sperimentati da ben l’80,7% delle partecipanti allo studio per una media di 23,2 giorni all’anno (ossia circa 2 giorni per ogni ciclo).  I ricercatori hanno calcolato che una perdita di produttività di un terzo (33%) rispetto a quella assicurata in condizioni psicofisiche ottimali per il periodo medio di presentismo registrato corrisponde a una perdita di produttività annuale complessiva di quasi 9 giorni: al pari di una vera e propria malattia. Inoltre, va considerato che l’assenteismo riscontrato tra le donne coinvolte nell’indagine è probabilmente inferiore a quello effettivo, dal momento che a rispondere al questionario online sono state prevalentemente donne con livello di istruzione più elevato e impegnate in attività che richiedono minori sforzi fisici rispetto a quelle svolte da donne con livello di istruzione inferiore.  Lo studio conferma anche che, nonostante i considerevoli disagi causati dal flusso mestruale, soltanto una minoranza di donne si rivolge al medico per trovare una soluzione soddisfacente (45% secondo la ricerca olandese, ma intorno al 15% in altre indagini), rassegnandosi a convivere con i malesseri periodici. Una situazione che si dovrebbe cercare di modificare attraverso una maggiore educazione sia delle donne sia dei medici alla tutela del benessere femminile e della salute riproduttiva e sviluppando politiche del lavoro orientate a garantire una maggiore flessibilità dell’orario e delle mansioni, nell’ottica di ridurre i disagi e la perdita di produttività nella fase più critica del ciclo. A beneficio di tutti. 

Fonte: Schoep ME et al. Productivity loss due to menstruation related symptoms: a nationwide crosssectional survey among 32748 women. BMJ Open 2019;9:e026186. doi:10.1136/bmjopen-2018-026186 

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