Conseguenze dell’uso di materiale pornografico

Dalla fotografia al cinema a luci rosse, dalle VHS agli smartphone, il mondo pornografico diventa letteralmente a portata di mano. La letteratura descrive la pornografia come largamente accessibile, facilmente fruibile, anonima e sempre più accettata socialmente.

La maggior parte delle ricerche – psicologiche e non – svolte fino ad ora, si sono concentrate sugli aspetti più problematici dell’uso di materiale pornografico, soprattutto per adolescenti e giovani adulti, ma non vengono esclusi anche outcome positivi quali gratificazione sessuale, sollievo dalla noia, e a livello educazionale, maggiore comprensione e scoperta della propria identità sessuale ed esplorazione di nuove attività sessuali (McCormack & Wignall, 2017).

In una ricerca basata sulle auto-percezioni dell’uso di materiale pornografico hardcore, è emerso che la maggior parte dei partecipanti, riporta più effetti positivi che negativi in diverse aree: maggiori conoscenze sul sesso, le attitudini sessuali, la vita sessuale e maggiore soddisfazione nella vita in generale.

Nonostante questi risultati, esiste un filone di ricerche ben più robusto che attribuisce alla pornografia effetti e conseguenze negative. Chi utilizza materiale pornografico potrebbe non riuscire a distinguere i contenuti pornografici con le interazioni sessuali della vita reale, assimilare nuove e irrealistiche credenze sulla sessualità, avere maggiori pensieri intrusivi e ossessivi non solo riguardo alla pornografia, ma anche alla sessualità offline, maggiori comportamenti a rischio e attitudini più permissive, tra cui sesso non sicuro e maggiore numero di partner sessuali. Infine, la pornografia potrebbe incidere in modo negativo anche sulla percezione di sé stessi, sull’immagine corporea e sulla soddisfazione sessuale in

La ricerca di Donevan & Mattebo (2017), ha individuato che su un campione di 371 diciottenni maschi, il 69% si dichiara utente medio, mentre l’11% utente abituale (tutti i giorni).
Le conseguenze più preoccupanti emergono proprio in questi ultimi: minore età di debutto sessuale, comportamento sessuale a rischio, maggiore preoccupazione per la sfera sessuale e alto rischio di dipendenza dal materiale sessualmente esplicito. Inoltre, il 25.1% dei soggetti che consumano pornografia più di una volta alla settimana, in seguito ad una visita medica, manifesta almeno una risposta sessuale anomala.

La letteratura descrive quindi effetti problematici per quanto riguarda le attitudini, le credenze e i comportamenti legati alla sessualità, la dipendenza e la compulsione, la percezione del proprio corpo, l’identità e gli stereotipi di genere. Se da una parte le ricerche sottolineano gli aspetti negativi della pornografia, soprattutto dopo la diffusione di Internet, dall’altra non è possibile condannare questo tipo di materiale senza tenere conto dei diversi risvolti positivi invece citati in altre ricerche, sebbene poche.

Interessante è il contributo di un recente studio (Vaillancourt-Morel et al., 2017) che divide l’utilizzo di cyberpornografia (ovvero pornografia online) in distinte dimensioni. Obiettivo degli autori è precisare che il tipo di utilizzo e lo stato emotivo del fruitore appaiono determinanti sui diversi outcome problematici.
Al campione, composto da 830 partecipanti, dai 18 ai 78 anni, è stato chiesto di rispondere ad una batteria di cinque questionari.

  • Il primo questionario, il Cyber Pornography Use Inventory, individua tre dimensioni dell’uso di pornografia: l’aspetto compulsivo, il tipo di azioni messe in atto per accedere al materiale pornografico e infine il tipo di stress emotivo correlato all’uso di materiale pornografico.
  • Il secondo strumento è il Global Measure of Sexual Satisfaction, che valuta la soddisfazione globale della propria vita sessuale.
  • Segue quindi il questionario creato nello specifico per la compulsione sessuale, il Sexual Compulsivity Scale, che include difficoltà a padroneggiare i propri pensieri, preoccupazioni o comportamenti intrusivi e gli effetti che questi hanno nella vita di tutti i giorni.
  • Il quarto strumento, il Sexual Avoidance Subscale è composto da dieci domande che indagano l’evitamento di situazioni e interazioni sessuali e infine l’ultima parte del questionario è l’Arizona Sexual Experience Scale, che indaga le possibili disfunzioni sessuali avvenute nei sette giorni precedenti la compilazione: abilità di avere un’erezione, abilità di provare eccitazione sessuale, raggiungimento dell’orgasmo e possibile dolore durante i rapporti sessuali.

I risultati consentono di dividere il campione in 3 cluster:

  • utilizzatori ricreazionali (75.5%);
  • altamente stressati (distressed) ma non compulsivi (12.7%);
  • compulsivi (11.8%).

Importante soprattutto a livello clinico è il secondo gruppo di soggetti, che guardando pornografia online provano grande stress emotivo (vergogna e disgusto verso sé stesso, sentimenti punitivi), a sua volta associato con minore compulsione e maggiore evitamento e disfunzioni sessuali.

La ricerca mostra come la cyberpornografia possa essere quindi concettualizzata basandosi su un continuum, che va dall’uso ricreazionale all’uso compulsivo di materiale sessualmente esplicito online. Gli autori suggeriscono infine, che sia nella ricerca scientifica che nella pratica clinica, le conseguenze dell’uso di pornografia online non debbano essere ricercate solo nella durata o tipologia di materiale guardato, ma anche nelle caratteristiche morali, sociali e di personalità dei singoli individui fruitori.

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