L’impatto della sterilità sull’equilibrio della coppia

Chi non riesce ad avere figli non è sempre “malato” nel corpo (la percentuale di sterilità idiopatica o senza causa è infatti ben del 39%), sempre invece “sofferente nell’anima”.
Sono persone frequentemente portatrici di sentimenti di rabbia, vergogna, invidia, senso di fallimento, conseguenti al loro desiderio frustrato. Del resto, per come siamo stati programmati, è proprio dal desiderio (desiderio sessuale e desiderio biologico di riprodursi) che nasce la vita. Tutto questo può attivare una crisi personale e di coppia particolarmente dolorosa.

La stessa scelta di intervenire può evidenziare resistenze, ambivalenze di fondo (riconoscere ad esempio che ci sia un problema, accettare di chiedere aiuto e di veder “violata” la propria intimità ecc. ecc.) o irrealistiche fughe in avanti.
Intraprendere poi un trattamento di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) comporta frequenti resistenze e significa iniziare un percorso molto faticoso sul piano fisico ed oneroso in termini emotivi, di tempo e di denaro.
Lo studio dell’infertilità nel corso del tempo ha visto un progressivo ampliamento di visione: da un obiettivo puntato unicamente sulla donna e sul suo ventre vuoto, lo sguardo si è allargato dapprima anche all’uomo, ai suoi organi riproduttivi, poi alla coppia, all’interazione tra fattori maschili e femminili, alla qualità della relazione.

La mancanza procreativa è in senso psicologico un vero e proprio lutto e, come tale, di lenta e complessa elaborazione. Obbliga ad una ridefinizione del progetto di vita personale e di coppia. Colloca anche in una prospettiva diversa la sessualità.
Parliamo di coppia quando tra due individui si crea uno spazio relazionale (il NOI) basato su un patto di reciprocità ed alleanza, un patto di fiducia personale non totalmente consapevole in quanto determinato anche dai desideri, dai bisogni e dalle proiezioni di ognuno.
La scoperta di una difficoltà\impossibilità procreativa genera un vero e proprio terremoto. L’infertilità infatti risulta essere negativamente associata al benessere relazionale, sessuale e psicosociale e provoca un innalzamento dei livelli di stress e di tensione.
Salta il contratto ed il progetto di coppia; si affacciano domande difficili “E’ proprio me che vuoi?” “E’ proprio te che voglio?” “Che senso ha il nostro stare insieme?”.L’alternarsi dei sentimenti è forte e vorticoso: rabbia, accuse, sensi di colpa, colpevolizzazioni, rifiuto, bisogno di conferme, rancori, rimpianti. Per alcune coppie diventa impossibile parlare dell’argomento, per non ferire l’altro o perché non ci si sente capiti. Questo aumenta la chiusura, l’isolamento ed il conseguente vissuto di solitudine.
Ognuno risponde in maniera personale e, a volte, con intensità e velocità differenti. In alcuni casi è uno dei due (più frequentemente la donna) a farsi elemento trainante e l’altro assume un ruolo gregario quasi a compiacere ed accontentare il partner.
Le situazioni sono molteplici ed ogni coppia è un universo a parte, pur nella condivisa esperienza comune di una ridefinizione di progetto e prospettive.
Questi elementi sono modulati in base alla qualità della relazione di coppia determinata a sua volta dal tipo di attaccamento dei singoli partners.

Persone che hanno uno stile di attaccamento sicuro hanno infatti fiducia nell’altro, gestiscono meglio ansia e paura e riescono a trovare dei compromessi. Gli insicuri possono tendere ad evitare il conflitto perché incapaci di esporre le loro posizioni e di accettare l’idea di un supporto da parte dell’altro. Oppure manifestare ambivalenza, tendendo a dominare la situazione e facendo pressione sul partner.
E’ doveroso però anche dire che in alcuni casi questa complessa situazione può rappresentare l’occasione per “scegliersi” nuovamente, una sorta di “rinnovo della promessa”. La coppia  riesce ad arrivare ad una conoscenza, comprensione ed accettazione reciproca più profonda e matura. Tutto questo però passa attraverso un processo che comporta una reale messa in gioco, l’attraversamento del limite, del dolore, della delusione e l’accettazione del ridimensionamento delle proprie idealità.

Anche per quanto riguarda gli effetti di una condizione di sterilità/difficoltà procreativa sulla sessualità il panorama è molto vario, complesso e diversificato, anche qui in base alla struttura personologica dei singoli ed al tipo di relazione di coppia. Alcuni ad esempio, mettono in discussione il senso ed il valore stesso della sessualità (in quanto sganciata da una finalità procreativa), altri invece la vivono come una sorta di bisogno compulsivo, per cui bisogna tentare, tentare, tentare…
Le coppie comunque sono tendenzialmente restie a parlarne (sebbene all’origine delle difficoltà procreative ci siano in maniera moderatamente frequente anche delle difficoltà sessuali), spinte come da un bisogno di normalizzazione e forse anche di mantenere protetta la loro intimità.

I rapporti mirati sono concordemente vissuti come fortemente disturbanti la fluidità e naturalezza dei rapporti sessuali, tanto da provocare un abbassamento del desiderio e del livello di partecipazione. Il ricorso a tecniche di PMA invece non sembra essere un elemento particolarmente disturbante su questo piano.
Il cambio di prospettiva in questa dimensione, partendo ancora una volta dalla valorizzazione del desiderio in questo caso tra i partners, potrebbe essere l’accesso ad una sessualità più gioiosa, perchè libera dagli obblighi della riproduzione.

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