Diagnosi precoce del tumore del seno con biopsia liquida: ora si può

Con 2,1 milioni di nuove diagnosi nel mondo nel 2018, il tumore del seno è la neoplasia più diffusa nella popolazione femminile a livello globale, ma anche quella che può essere curata meglio, spesso in modo definitivo e con metodiche non demolitive, soprattutto se viene diagnosticata precocemente, quando è ancora molto piccola e poco aggressiva.   Per questa ragione, a tutte le donne sono raccomandate l’autopalpazione regolare del seno e, a partire da 45-50 anni, la mammografia ogni due anni per rilevare eventuali minime masserelle non percepibili al tatto, ma già potenzialmente rischiose, da sottoporre a biopsia e, quindi, ad analisi istologica e molecolare per caratterizzarle in modo preciso e individuare il trattamento ottimale.  Nel prossimo futuro, questo approccio già molto efficiente, potrebbe arricchirsi di nuovo sistema diagnostico non invasivo basato sull’analisi del DNA tumorale circolante (ctDNA), ossia frammenti di DNA rilasciati nel sangue da cellule del tumore del seno invecchiate e distrutte. Il ctDNA può essere ottenuto con un semplice prelievo di sangue e analizzato con una tecnica di sequenziamento estremamente precisa e rapida chiamata NGS (Next Generation Sequencing), finalizzata a individuare alcune mutazioni genetiche presenti in modo distintivo nel DNA delle cellule di tumore del seno.   I primi dati a supporto dell’utilità clinica di questa metodica, definita “biopsia liquida”, vengono da uno studio pilota, coordinato da ricercatori dell’Università di Malaga (Spagna), che ha confrontato la sensibilità diagnostica del nuovo test sul ctDNA prima della biopsia tissutale classica con quella dell’analisi molecolare dopo biopsia tissutale classica, utilizzando come markers mutazioni nei geni PIK3CA e TP53.  La valutazione ha portato a identificare mutazioni identiche in 8 delle 29 pazienti considerate (27,6%): quattro in TP53 e cinque in PIK3CA. Inoltre, l’analisi con NGS sul ctDNA ha permesso di evidenziare quattro mutazioni genetiche aggiuntive (tre in TP53 e una in PIK3CA), che non erano state segnalate dall’analisi molecolare del tessuto mammario prelevato con biopsia classica: cosa che sottolinea l’elevata sensibilità della “biopsia liquida” in fase precoce. Una di queste pazienti presentava mutazioni in entrambi i geni considerati.  La probabilità di risultare positive ai markers sul ctDNA esaminato con NGS è risultata più elevata nelle donne più giovani, con masserella tumorale di maggiori dimensioni e più alto punteggio di imaging alla mammografia (indicativo di una più elevata probabilità di avere effettivamente un tumore).  Al momento, il nuovo test è ancora in fare di valutazione e non disponibile in pratica clinica, ma se i prossimi studi confermeranno le prestazioni e la sensibilità diagnostica evidenziata la “biopsia liquida” potrebbe presto affiancare quella classica nella diagnosi precoce del tumore del seno e, forse, un giorno soppiantarla. In questo modo, si potrebbe evitare alle donne con mammografie positive, ma non necessariamente affette da tumore del seno, di essere sottoposte al prelievo del tessuto mammario sospetto a scopo diagnostico.

Fonte: Rodriguez BJ et al. Detection of TP53 and PIK3CA Mutations in Circulating Tumor DNA Using Next-Generation Sequencing in the Screening Process for Early Breast Cancer Diagnosis. J Clin Med 2019;8:1183-1207; doi:10.3390/jcm8081183

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