Angina pectoris

Indicata con il nome latino della sua manifestazione principale, una stretta al petto simile a un peso o a una morsa, l’angina pectoris non è di per sé una malattia, ma la conseguenza di alterazioni a carico delle coronarie che impediscono a queste arterie di garantire un adeguato e costante rifornimento di sangue a tutto il muscolo cardiaco.

Esistono quattro tipi di angina, differenti per caratteristiche, eziopatogenesi e gravità: cronica stabile, instabile, vasospastica/variante (detta anche angina di Prinzmetal) e microvascolare.

L’angina è definita “stabile” quando la comparsa dei sintomi è prevedibile: è la forma più comune e facile da tenere sotto controllo ed è provocata dal restringimento delle coronarie associato alla patologia aterosclerotica, ovvero al deposito di placche di colesterolo lungo le pareti interne delle arterie.

L’angina instabile è più problematica da gestire perché gli attacchi insorgono in modo imprevedibile, spesso anche dopo sforzi minimi o addirittura a riposo, a causa di stress psicoemotivo o durante il sonno, causando bruschi risvegli. Questa forma di angina è detta anche pre-infartuale perché rappresenta una sorta di “anticamera” dell’infarto e, se non è trattata correttamente, può mettere in serio pericolo di vita.

L’angina vasospastica/variante è caratterizzata da un dolore che si manifesta a riposo e scompare da solo dopo alcuni minuti, mentre l’angina microvascolare interessa soprattutto le donne e si manifesta con caratteristiche simili a quelle dell’angina cronica stabile, ma con attacchi di maggiore durata.

Cause  

Le cause dell’angina sono differenti a seconda della variante che si considera.

L’angina stabile associata a aterosclerosi coronarica, in genere, inizia a manifestarsi quando l’occlusione delle arterie arriva al 70% e dipende da episodi di parziale ischemia cardiaca: la riduzione dell’apporto di ossigeno induce il muscolo cardiaco a produrre acido lattico che, analogamente a quanto avviene in tutti gli altri muscoli del corpo, si accumula durante l’attività di contrazione fino a causare dolore toracico.

Alla base dell’angina instabile c’è, invece, la combinazione di patologia aterosclerotica a livello delle coronarie (con relativa stenosi parziale) e di una tendenza a sviluppare trombi, ossia agglomerati di piastrine, fibrina e globuli rossi che possono arrivare a occludere l’arteria già ristretta dalla placca. Quando ciò si verifica, si ha l’ischemia e quindi il dolore caratteristico, improvviso e imprevedibile.

Nell’angina vasospastica/variante, il restringimento su base aterosclerotica delle coronarie può anche non essere presente o essere minimo: la chiusura temporanea dell’arteria, in questo caso, si verifica a causa di una contrazione improvvisa della tonaca muscolare presente nelle pareti del vaso, per ragioni che restano da chiarire.

L’angina microvascolare non dipende da una patologia delle coronarie, che di norma sono prive di restringimenti e perfettamente sane, ma dalla disfunzione dei vasi sanguigni di minor calibro che si diramano all’interno del muscolo cardiaco che impedisce al sangue di arrivare alle cellule in quantità sufficiente.

L’angina stabile e instabile condividono gli stessi fattori di rischio alla base delle malattie cardiovascolari in generale. Tra quelli non modificabili ci sono l’età, l’appartenenza al sesso maschile oppure essere donne in post menopausa e la familiarità per problemi cardiovascolari prima dei 65 anni. I fattori di rischio modificabili in senso preventivo sono il fumo, l’obesità, la sedentarietà, il diabete, l’ipertensione e l’ipercolesterolemia.

Le cause dell’angina sono differenti a seconda della variante che si considera.

L’angina stabile associata a aterosclerosi coronarica, in genere, inizia a manifestarsi quando l’occlusione delle arterie arriva al 70% e dipende da episodi di parziale ischemia cardiaca: la riduzione dell’apporto di ossigeno induce il muscolo cardiaco a produrre acido lattico che, analogamente a quanto avviene in tutti gli altri muscoli del corpo, si accumula durante l’attività di contrazione fino a causare dolore toracico.

Alla base dell’angina instabile c’è, invece, la combinazione di patologia aterosclerotica a livello delle coronarie (con relativa stenosi parziale) e di una tendenza a sviluppare trombi, ossia agglomerati di piastrine, fibrina e globuli rossi che possono arrivare a occludere l’arteria già ristretta dalla placca. Quando ciò si verifica, si ha l’ischemia e quindi il dolore caratteristico, improvviso e imprevedibile.

Nell’angina vasospastica/variante, il restringimento su base aterosclerotica delle coronarie può anche non essere presente o essere minimo: la chiusura temporanea dell’arteria, in questo caso, si verifica a causa di una contrazione improvvisa della tonaca muscolare presente nelle pareti del vaso, per ragioni che restano da chiarire.

L’angina microvascolare non dipende da una patologia delle coronarie, che di norma sono prive di restringimenti e perfettamente sane, ma dalla disfunzione dei vasi sanguigni di minor calibro che si diramano all’interno del muscolo cardiaco che impedisce al sangue di arrivare alle cellule in quantità sufficiente.

L’angina stabile e instabile condividono gli stessi fattori di rischio alla base delle malattie cardiovascolari in generale. Tra quelli non modificabili ci sono l’età, l’appartenenza al sesso maschile oppure essere donne in post menopausa e la familiarità per problemi cardiovascolari prima dei 65 anni. I fattori di rischio modificabili in senso preventivo sono il fumo, l’obesità, la sedentarietà, il diabete, l’ipertensione e l’ipercolesterolemia.

Sintomi

Il sintomo principale dell’angina è il dolore toracico, molto simile per caratteristiche a quello dell’infarto, ma meno intenso e transitorio. In genere, il dolore dura da 2-3 a 10 minuti e si attenua spontaneamente con il riposo.

Spesso, non è un dolore “puro”, ma una sensazione di peso o pressione al centro del petto, dietro lo sterno, oppure un fastidio o un bruciore alla bocca dello stomaco, che viene in molti casi confuso con un’indigestione, anche a causa della possibile copresenza di nausea e vomito.
Il dolore tende a irradiarsi verso l’alto, fino al collo o alla mandibola, oppure lungo il braccio sinistro fino alle dita e, posteriormente, nella parte alta della schiena, tra le scapole.

Nel caso dell’angina cronica stabile, all’inizio, i problemi insorgono durante uno sforzo o mentre si esegue attività fisica intensa; con l’evolvere della patologia coronarica, la soglia di sforzo tollerato si abbassa gradualmente e il dolore tende a comparire dopo attività sempre meno impegnative.
Finché l’insorgenza dei sintomi resta prevedibile, il paziente può calibrare le abitudini quotidiane in modo da ridurre al minimo il rischio di episodi anginosi.
Nel caso dell’angina instabile, questa “pianificazione” preventiva non può essere fatta perché gli attacchi acuti di angina sono imprevedibili e compaiono anche a riposo.

Il limite di attività fisica oltre il quale compaiono i disturbi è molto soggettivo e ogni persona impara in base alla propria esperienza e alle indicazioni fornite dai test strumentali a capire fin dove si può spingere la soglia, inoltre, non è mai netta perché diversi fattori interni ed esterni all’organismo possono abbassarla, rendendo più probabili gli attacchi.

Il freddo per esempio, promuovendo lo spasmo delle coronarie, facilita l’insorgenza del dolore anche dopo sforzi modesti (quindi, si dovrà essere più cauti in inverno rispetto all’estate) ed esiste una variabilità legata all’ora del giorno (poiché al mattino, al risveglio, le coronarie sono più contratte rispetto al pomeriggio), allo stress psicoemotivo, ai pasti (da evitare quelli abbondanti).

Chi soffre di angina cronica stabile può stare tranquillo finché i sintomi compaiono con le modalità note, ma deve subito rivolgersi al medico se iniziano a manifestarsi con maggior frequenza o svolgendo attività fisica meno intensa del solito o a riposo, poiché ciò significa che l’angina è peggiorata e che potrebbe essersi trasformata nella forma instabile.

Nell’angina vasospastica/variante il dolore si manifesta tipicamente a riposo e scompare da solo dopo alcuni minuti, mentre nelle forme microvascolari il dolore dura più a lungo (anche 30-40 minuti) e, soprattutto in occasione del primo attacco acuto, può essere difficile capire se si tratta di angina o di infarto (nel dubbio, è sempre raccomandato rivolgersi subito al Pronto soccorso).

Diagnosi

La diagnosi di angina è soprattutto clinica e basata sull’esame delle informazioni fornite dal paziente sui sintomi sperimentati, i tempi e i modi con i quali compaiono e sul loro andamento.

Per confermare e caratterizzare meglio il disturbo, si può ricorrere ad alcuni esami strumentali come l’elettrocardiogramma (ECG) sotto sforzo, che consiste nella registrazione dell’attività cardiaca durante un’attività fisica controllata, di intensità nota.
Si tratta di un’indagine priva di rischi, non invasiva, semplice da eseguire, rapida ed economica, che fornisce informazioni preziose per capire qual è la soglia di impegno muscolare sicura per il paziente e per valutare l’andamento della patologia nel tempo.

L’elettrocardiogramma convenzionale è poco informativo quando viene eseguito tra un attacco di angina e l’altro, poiché a riposo, in assenza di sintomi, l’attività cardiaca si presenta spesso assolutamente normale, ma è utile per capire come si comporta il cuore durante l’attacco anginoso e può essere sfruttato soprattutto in un contesto di telemonitoraggio.

Se, nonostante la presenza di sintomi anginosi, l’ECG sotto sforzo non segnala la presenza di un difetto cardiaco, la situazione va precisata con indagini di imaging, come l’ecocardiografia sotto sforzo o la scintigrafia miocardica, che permettono di esaminare come varia il rifornimento di sangue al muscolo cardiaco a riposo e durante l’attività fisica.
Altre valutazioni utili sono la TAC la risonanza cardiache.
Se queste indagini evidenziano zone non adeguatamente irrorate, può essere necessario effettuare anche una coronarografia.

Tra gli stili di vita

Il primo approccio per trattare l’angina prevede generalmente l’impiego di farmaci, che il medico sceglie, dosa e combina in relazione all’intensità del disturbo, all’eventuale presenza di altre patologie cardiovascolari e alla risposta ottenuta nel singolo paziente.

I farmaci anti-anginosi classici per il trattamento dell’attacco acuto sono nitroderivati in compresse da sciogliere sotto la lingua non appena insorgono i sintomi, mentre per prevenire gli episodi anginosi è prevista l’assunzione quotidiana regolare di nitroderivati, calcioantagonisti, betabloccanti, antiaggreganti piastrinici, farmaci antipertensivi e statine, in diverse formulazioni e combinazioni, che il medico individuerà in funzione del quadro clinico individuale.

Soprattutto nei pazienti più giovani e/o quando la terapia medica non è in grado di controllare in modo adeguato la malattia, l’angina stabile o instabile su base aterosclerotica può essere trattata con l’angioplastica coronarica, con applicazione di stent. Quando la stenosi coronarica è estesa, diventa, invece, preferibile ricorrere all’intervento cardiochirurgico con applicazione di by-pass aortocoronarico.

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