Arresto cardiaco

L’arresto cardiaco corrisponde all’interruzione della contrazione del cuore e della sua azione di pompa, conseguente a un’alterazione improvvisa e drastica della sua attività elettrica (fibrillazione ventricolare).

L’arresto cardiaco è un’emergenza medica assoluta dal momento che, se non si interviene in tempi rapidissimi (dell’ordine di decine di secondi o pochi minuti) con manovre cardiopolmonari opportune e/o con la defibrillazione elettrica, l’esito è letale nel 100% dei casi.

L’arresto cardiaco è diverso dall’infarto miocardico, che dipende da prevalentemente da difetti di irrorazione sanguigna di una porzione più o meno estesa di muscolo cardiaco e che, pur rappresentando un’emergenza medica, può essere gestito in tempi un po’ più ampi, dell’ordine di decine di minuti o alcune ore (in funzione della gravità).

Cause

Nella maggioranza dei casi, l’arresto cardiaco consegue all’insorgenza di una fibrillazione ventricolare, corrispondente a una contrazione estremamente rapida, disordinata e caotica dei ventricoli cardiaci, che impedisce al cuore di pompare il sangue nelle arterie.

Le condizioni che aumentano il rischio di andare incontro a fibrillazione ventricolare e arresto cardiaco comprendono:

  • sindrome del QT lungo, sindrome di Brugada e altre aritmie cardiache;
  • squilibri elettrolitici severi (in particolare, relativi a potassio, magnesio, sodio e calcio);
  • coronaropatie;
  • cardiomiopatia dilatativa;
  • insufficienza cardiaca cronica e scompenso cardiaco acuto;
  • infarto miocardico;
  • patologie delle valvole cardiache;
  • malattie cardiache congenite.

Sintomi

I sintomi e segni acuti dell’arresto cardiaco sono rappresentati essenzialmente dall’interruzione improvvisa e imprevedibile del battito cardiaco e della respirazione e dalla perdita dei polsi, con conseguente collasso e perdita di coscienza.

In alcuni casi, l’arresto cardiaco può essere preceduto da sintomi e segni premonitori come affaticamento, vertigini, confusione mentale, svenimento, dolore al torace, difficoltà respiratorie, debolezza, palpitazioni e vomito.

Se la contrazione cardiaca non è ripristinata entro 2-3 minuti, si instaurano danni cerebrali permanenti, con decesso inevitabile nell’arco di 6 minuti.

Diagnosi

La diagnosi di arresto cardiaco è implicita nel tipo di episodio che si verifica.
Valutazioni cliniche ed esami strumentali e di laboratorio sono previsti nei pazienti che riescono a sopravvivere all’evento grazie a interventi tempestivi, per risalire alla causa che l’ha determinato e, ove possibile, prevedere opportune misure preventive per ridurre il rischio che si ripeta.

Le principali indagini che possono essere richieste a questo scopo, nel contesto di una valutazione personalizzata, comprendono:

  • elettrocardiogramma (per evidenziare possibili aritmie e, in particolare, la sindrome del QT lungo e la sindrome di Brugada, due condizioni che aumentano il rischio di morte improvvisa);
  • esami del sangue per valutare i livelli di elettroliti (sodio, potassio, magnesio, calcio), ormoni (TSH, estrogeni, cortisolo ecc.) e altre sostanze che influenzano il battito cardiaco e per rilevare marker infiammatori e indicatori di infarto miocardico recente o insufficienza cardiaca non ancora diagnosticata;
  • indagini di imaging, come radiografia del torace, ecocardiogramma, TAC del torace per analizzare dimensioni, stato e funzionalità del cuore, delle valvole cardiache e dei vasi connessi.

A seguire possono essere effettuate indagini di approfondimento, anche invasive, come l’angiografia coronarica, e/o test genetici, se si sospetta una cardiopatia su base genetica/ereditaria. 

Tra gli stili di vita

L’arresto cardiaco impone un intervento immediato appropriato da parte delle persone che si trovano vicino a chi lo sperimenta.
A riguardo, va precisato che un arresto cardiaco va sospettato ogni volta che una persona perde i sensi e cade a terra improvvisamente e non è possibile percepire il suo battito cardiaco e il suo respiro.

Idealmente, in queste circostanze dovrebbero essere messe subito in atto manovre cardiopolmonari in grado di ripristinare la contrazione del muscolo cardiaco e/o, se disponibile entro breve raggio, dovrebbe essere utilizzato un defibrillatore automatico esterno (DAE), facilmente individuabile in tutti i luoghi pubblici dal cartello verde con il cuore bianco con all’interno la freccia/lampo verde e la croce bianca a lato.

Se non si è in grado di agire autonomamente, bisogna chiamare immediatamente il 118, descrivere sinteticamente, ma con precisione, la situazione e il luogo in cui ci si trova e farsi guidare nelle operazioni da eseguire.

In caso sia necessario utilizzare un DAE, non si deve avere timore di commettere errori: se si seguono le indicazioni dell’operatore del 118 e i segnali emessi dal DAE stesso, il dispositivo funzionerà in modo automatico.
In ogni caso, va considerato che in caso di arresto cardiaco, la mancata defibrillazione immediata comporterebbe morte certa, quindi, è sempre preferibile agire.

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