Il disturbo ossessivo compulsivo

Il disturbo ossessivo compulsivo (DOC) è un disturbo psichiatrico caratterizzato da pensieri ricorrenti, accompagnati da paure e preoccupazioni del tutto irrazionali e immotivate, che portano chi ne soffre a ripetere continuamente, in modo ossessivo e incontrollato, determinate azioni o processi nel tentativo di placare l’ansia e di proteggersi da eventi nefasti altrimenti ritenuti inevitabili, nonostante siano, in realtà, altamente improbabili.

Disturbi e sintomi

Spesso, le attività svolte da chi soffre di disturbo ossessivo compulsivo sono del tutto “normali” e innocue, ma diventano patologiche a causa dell’ossessione con cui vengono ripetute e dell’impossibilità di farne a meno. Comportamenti compulsivi tipici comprendono: il lavaggio ossessivo e ripetuto delle mani, dei capelli o di tutto il corpo, nel timore di contaminazioni; la verifica, ripetuta anche decine di volte, di aver chiuso il gas o le finestre prima di uscire di casa; la disposizione di vestiti, oggetti, libri in un ordine ben preciso e immodificabile.

Non di rado chi soffre di disturbo ossessivo compulsivo assilla amici e familiari (spesso la madre) con continue ed esasperanti richieste di rassicurazione sul fatto di essere pettinato, di non avere difetti o segni sulla pelle, di avere i denti puliti oppure di essere aiutato a “controllare meglio” i dettagli che causano agitazione e ansia e che teme di non poter verificare a sufficienza da solo.

Se disturbo ossessivo compulsivo non viene trattato, con il tempo, i comportamenti ossessivo-compulsivi si moltiplicano e aggravano, determinando un serio deterioramento della qualità di vita e delle relazioni familiari, ritiro sociale e lavorativo, con esiti invalidanti. Inoltre, possono subentrare problemi medici legati agli effetti dei comportamenti ossessivi (come per esempio dermatiti o alopecia dovute ai lavaggi eccessivi) e pensieri suicidari. Per prevenire queste evoluzioni sfavorevoli è cruciale che i familiari della persona interessata richiedano un consulto medico fin dai primi segni di malattia, rivolgendosi in prima battuta al medico di famiglia o direttamente allo psichiatra.

Cause

Le cause del disturbo ossessivo compulsivo non sono note, ma si ritiene che la malattia sia determinata da una complessa interazione tra fattori genetici predisponenti (ancora da determinare) e l’esposizione a stimoli o eventi stressanti durante l’infanzia o in fasi successive della vita, nonché a possibili fattori ambientali specifici (per esempio, infezioni), che restano però da precisare e verificare.

La probabilità di essere interessati dalla malattia è maggiore se si soffre anche di altri disturbi psichiatrici (in particolare, afferenti all’area dei disturbi d’ansia e della depressione), se si hanno tratti di personalità predisponenti (perfezionismo, eccessiva tendenza all’apprensione e al controllo, insicurezza ecc.) e se altre persone della famiglia soffrono di disturbo ossessivo compulsivo (in particolare, uno o entrambi i genitori). Dal punto di vista neurologico il disturbo ossessivo compulsivo è legato a una serie di alterazioni nel funzionamento dei circuiti cerebrali che regolano l’impulsività, le emozioni e la risposta allo stress, a oggi, caratterizzate soltanto in parte.

Diagnosi

La diagnosi di disturbo ossessivo compulsivo si basa sul riscontro di comportamenti e azioni di vario tipo caratterizzati da ripetizione ossessiva, compulsione e impossibilità di rinunciare a compierli senza andare incontro ad ansia e angoscia severe e invalidanti.  Talvolta, riconoscere la malattia non è semplice poiché le manifestazioni possono risultare in parte sovrapponibili a quelle di altri disturbi psichiatrici come l’ansia, forme di depressione con tratti psicotici o la schizofrenia. La diagnosi di disturbo ossessivo compulsivo è, in molti casi, tardiva perché i familiari del malato tendono ad abituarsi ai comportamenti stravaganti e a sottovalutare la gravità dei segnali d’allarme, anche adottando, più o meno consapevolmente, un atteggiamento “protettivo” o di negazione della malattia.

Il ritardo diagnostico dipende, inoltre, dal fatto che, spesso, anche i familiari del malato presentano tratti di personalità simili a quelli tipici del disturbo ossessivo compulsivo, benché a livello subclinico, e hanno quindi una minore “sensibilità” nel riconoscere la malattia. In caso di manifestazioni ossessivo-compulsive di recente insorgenza, soprattutto in persone prive di familiarità per la malattia, devono essere indagati possibili fattori scatenanti specifici, come la presenza di patologie organiche (per esempio, disturbi della tiroide) oppure l’assunzione di farmaci (in particolare, gli agonisti della dopamina, usati per trattare la malattia di Parkinson) o sostanze d’abuso (alcol, psicostimolanti ecc.).

Come si cura

Gli interventi terapeutici necessari per far regredire il disturbo ossessivo compulsivo vanno individuati in funzione della severità delle manifestazioni, dell’età del paziente e della durata della malattia. Se il disturbo è insorto da poco tempo e/o non è particolarmente grave, il primo approccio proposto è di tipo psico-comportamentale ed è indirizzato a ottenere un progressivo “decondizionamento” dalle abitudini ossessivo-compulsive, partendo da quelle che creano un disagio più lieve e che interferiscono meno le attività quotidiane. In sostanza, si cerca di “disabituare” il paziente a compiere i rituali consolidati e a farli sentire sempre meno necessari.

Quando il disturbo è più invasivo e/o presente da molto tempo, per ottenere esiti clinici apprezzabili diventa necessario aggiungere agli interventi psicoterapici anche una terapia farmacologica. I farmaci di riferimento per il trattamento del disturbo ossessivo compulsivo sono gli antidepressivi, in particolare quelli appartenenti alle classi degli inibitori del sistema di recupero della serotonina (SSRI) e della noradrenalina (SNRI), che dovranno essere assunti per diversi mesi, proseguendo per un certo periodo anche dopo la scomparsa dei sintomi.

In relazione alle caratteristiche del disturbo nel singolo paziente, in alcuni casi, potrà essere necessario associare agli antidepressivi anche farmaci di tipo diverso, come per esempio antipsicotici. In pazienti selezionati, non adeguatamente controllati da psicoterapia e trattamenti farmacologici, può essere preso in considerazione il ricorso alla stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation, DBS), con impianto di microelettrodi che hanno il compito di sollecitare specifici circuiti cerebrali coinvolti nel controllo degli impulsi.

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