Infezioni urinarie

Le infezioni delle vie urinarie in età adulta possono dipendere primariamente dalla contaminazione da parte di microrganismi patogeni di vario tipo, costituire una complicanza di malattie organiche che si sviluppano in sedi diverse dall’apparato genitourinario, o essere indotte da alterazioni della struttura anatomica degli organi della zona pelvica o dell’equilibrio fisiologico dell’apparato urinario.

Le infezioni delle vie urinarie possono essere di tipo molto diverso e, pur differendo per meccanismo d’insorgenza e cause nei due sessi, costituiscono un disturbo molto frequente sia nell’uomo sia nella donna e non devono mai essere trascurate per non mettere in pericolo la salute dei reni.

In base alla natura del microrganismo patogeno coinvolto, alle modalità di insorgenza e alla durata, le infezioni delle vie urinarie possono essere classificate come acute o croniche. In relazione al luogo in cui vengono contratte, invece, si possono distinguere infezioni urinarie di tipo “nosocomiale“, se il contagio è avvenuto in una struttura ospedaliera o in una residenza per anziani (RSA), e infezioni urinarie di tipo “comunitario”, se il contagio è avvenuto in un ambiente non ospedaliero.
Le infezioni nosocomiali sono frequenti perché le strutture sanitarie accolgono molte persone in grado di trasmettere microrganismi patogeni e altrettante per varie ragioni debilitate, facili vittime di virus, batteri e altri agenti infettivi.

Sia all’interno dell’ospedale sia in ambito comunitario, inoltre, la predisposizione individuale ad accogliere microrganismi dannosi e l’efficienza dei meccanismi di difesa per contrastarne l’attecchimento giocano un ruolo chiave nel determinare la probabilità di sviluppare un’infezione delle vie urinarie.

Cause

Nell’uomo, le infezioni urinarie sono spesso favorite da fenomeni di ostruzione urinaria, quasi sempre dovuti all’ingrossamento della prostata, e alla conseguente ritenzione di urina nella vescica.
Nella donna, invece, possono essere associate sia al ristagno dell’urina indotto dal “cistocele” (prolasso della vescica verso la vagina) sia all’incontinenza urinaria, problematica molto diffusa nella popolazione anziana.
In entrambi i sessi, il microrganismo che causa più spesso infezioni urinarie è Escherichia coli, betterio responsabile di ben l’80% di tutti i casi riscontrati, soprattutto in ambito comunitario.
Altri batteri, come Proteus spp., Klebsiella spp. e Pseudomonas aeruginosa, si riscontrano più raramente, ma sono più difficili da eradicare e possono causare infezioni molto gravi.
Da alcuni anni, si sono diffuse anche infezioni delle vie urinarie dovute a microrganismi con caratteristiche intermedie tra i virus e i batteri, come Chlamydia spp. e i Mycoplasmi.
Si tratta di forme piuttosto insidiose perché possono permanere in forma latente, asintomatica, anche per mesi o anni e possono essere scoperte soltanto con specifici esami colturali delle urine.

Anche quando asintomatica la presenza di Chlamydia o Mycoplasmi è deleteria perché predispone a infezioni urinarie di natura batterica, a una riduzione della fertilità e, nella donna, a un aumento del rischio di complicanze durante la gravidanza.
Inoltre, questi microrganismi possono essere trasmessi per via sessuale, esponendo al rischio di sviluppare un’infezione urinaria anche il partner della persona interessata, che dovrà quindi essere valutato e trattato a scopo preventivo.

I principali fattori di rischio per lo sviluppo di infezioni urinarie comprendono il diabete (specie se non ben controllato dalla terapia), la presenza di calcoli renali o vescicali, la gravidanza, la menopausa e la necessità di utilizzare cateteri vescicali.

Sintomi

I sintomi delle infezioni delle vie urinarie sono legati alla sede in cui si sviluppano e al microrganismo responsabile.

La manifestazione più frequente è la cistite, corrispondente a un’infezione dell’urina che dà disturbi infiammatori riferibili alla vescica, come fastidio al basso ventre, desiderio di urinare spesso sia di giorno sia di notte, bruciore durante la minzione, dolore sovrapubico e, in qualche caso, perdita di urina per il mancato controllo dello stimolo indotto dall’infiammazione.
Più raramente, si può anche riscontrare una modesta quantità di sangue nelle urine (cistite emorragica).

La cistite è molto frequente soprattutto nella donna giovane e in età avanzata (a causa dei fenomeni di incontinenza) ed è piuttosto ostica da curare, non tanto in termini di singolo episodio, quanto per la sua tendenza a ripresentarsi periodicamente e a cronicizzare. In alcuni casi, gli episodi di cistite possono diventare talmente frequenti e ricorrenti da costringere a modificare le abitudini e l’attività lavorativa, ad assumere farmaci analgesici quasi costantemente e a limitare i rapporti sessuali (che diventano molto dolorosi), con un significativo scadimento della qualità di vita.
Nell’uomo, l’infezione urinaria più frequente in età giovanile assume la forma della prostatite, un processo infiammatorio della prostata che può essere di tipo acuto o cronico.
La prostatite si manifesta con sintomi abbastanza simili a quelli della cistite, accompagnati da una sensazione di fastidio, peso e trazione a livello della regione anale, in prossimità dello scroto e al di sopra del pube. Raramente, può comparire anche la febbre.
Dal punto di vista ematochimico, la comparsa di episodi di prostatite acuta si traduce in una variazione del PSA (antigene prostatico specifico), parametro quasi sempre correlato alle patologie della prostata.

Diagnosi

La diagnosi delle infezioni delle vie urinarie non è sempre semplice né immediata poiché non esiste quasi mai una relazione tra intensità dei sintomi e gravità dell’episodio infettivo.
Quindi, persone con sintomi molto lievi che non inducono a consultare il medico possono essere, in realtà, interessate da infezioni urinarie di una certa importanza, che meriterebbero un trattamento rapido e specifico.

Tecnicamente, per parlare di infezione delle vie urinarie si devono rilevare più di 100.000 colonie di microrganismo patogeno per millilitro di urine.
Valori inferiori alle 100.000 colonie/ml vengono considerati come l’effetto di una contaminazione avvenuta durante la raccolta dell’urina o come un’infezione così lieve da non richiedere alcun trattamento farmacologico.
Tuttavia, mentre alcuni pazienti con 200.000 colonie/ml lamentano disturbi sufficienti a indurle a interpellare il medico, altri con più di un milione di colonie/ml non si accorgono di nulla.
In questo secondo caso, i sintomi tendono a manifestarsi con notevole ritardo, lasciando ai microrganismi patogeni tutto il tempo di risalire verso le alte vie urinarie, fino ad intaccare i reni.
A questo punto, la diagnosi iniziale è guidata dai sintomi caratteristici della pielonefrite, ossia forte dolore al fianco, febbre e presenza di sangue, tendenzialmente scuro, nelle urine.

In alcuni casi, a fronte del riscontro di un’urinocoltura positiva per infezione urinaria, può essere necessario effettuare approfondimenti strumentali come un’ecografia, una TAC o una risonanza delle vie urinarie oppure eseguire un’indagine invasiva come la cistoscopia, che prevede l’inserimento di un piccolo endoscopio nell’uretra per esaminare meglio le pareti interne della vescica.

Tra gli stili di vita

Le infezioni delle vie urinarie vanno curate con attenzione, seguendo fedelmente le indicazioni del medico in merito a tempi e modi della terapia antimicrobica necessaria e ad alcune avvertenze pratiche e igieniche.
Quando l’infezione iniziale avviene a opera di batteri Gram negativi, come Escherichia coli, Proteus, Klebsiella, Pseudomonas aeruginosa, stafilococco saprofita o enterococco, che creano un ambiente favorevole anche per la successiva colonizzazione da parte dei germi Gram positivi, la terapia delle infezioni delle vie urinarie si basa sulla somministrazione di antibiotici ad ampio spettro per bocca.

Oltre alla terapia antibiotica mirata, protratta per un periodo di tempo adeguato e, se necessario, ripetuta più volte in cicli successivi, esistono norme igieniche e dietetiche che risultano estremamente utili per favorire la guarigione.
In particolare, è necessario: detergere frequentemente l’apparato urogenitale esterno con una lozione antisettica, mantenere abitudini di vita regolari, riposare a sufficienza, evitare il fumo e l’assunzione di alcolici o di altre bevande irritanti per le vie urinarie (caffè, succhi di agrumi ecc.) nonché cibi piccanti o speziati.
Inoltre, è importante bere molta acqua, che aiuta a mantenere una buona funzionalità dei reni e delle vie escretrici e favorisce la diluizione delle urine, ostacolando l’attecchimento dei microrganismi patogeni.
Contro le infezioni ricorrenti delle basse vie urinarie sembra essere utile anche l’estratto o il succo di mirtillo rosso.

Una volta eliminata l’infezione attiva, per ridurre il rischio che si ripresenti si devono eliminare le eventuali cause predisponenti.
Quindi, nel nell’uomo, vanno corrette la ritenzione urinaria per ipertrofia della prostata, le stenosi dell’uretra, le eventuali malformazioni delle vie urinarie, le calcolosi della vescica, dei reni e degli ureteri.
Nella donna, invece, devono essere eliminate la stenosi dell’uretra, le malformazioni della vescica, la calcolosi vescicale e renale, il prolasso vescicale o vescico-vaginale e i reflussi vescico-renali (che possono verificarsi al momento della minzione, se una parte dell’urina, anziché uscire dalla via naturale, risale verso l’uretere e i reni).

Ciascuna di queste problematiche deve essere valutata e gestista in modo specifico dall’urologo, su base personalizzata.

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